La leggenda narra che la notte del 2 novembre le anime dei defunti escono in libertà per far ritorno il 6 gennaio, controvoglia, ai loro cimiteri.
Per l’occasione s’illuminano le strade ponendo il lumino dentro la zucca svuotata che ripara la fiammella dal vento, e si procura il cibo per imbandire le tavole e nutrire i parenti defunti al loro passaggio.
L’ultima notte di libertà, il 6 Gennaio, per evitare perdita di tempo, la più vecchia dei morti, definita comunemente befana, a cavallo di una scopa s’incarica di radunare le anime e procedere, personalmente, alla distribuzione dei doni.
I defunti, arrivati nei pressi dei camini dei parenti, destinano ai piccini buoni la calzetta piena di dolci e a quelli cattivi la calzetta piena di cenere e carbone.
Questa tradizione in Italia viene ancora attuata, a secondo delle località, in periodi diversi:
-La notte del 2 Novembre Festa dei Morti (uscita in libertà dai loro cimiteri)
-La notte dell’ 8 Dicembre Immacolata Concezione
-La notte del 13 Dicembre Santa Lucia
-La notte del 25 Dicembre Natale
-La notte del 1 Gennaio Capodanno
-La notte del 6 Gennaio La befana (rientro nei loro cimiteri).
Lo scopo di questa tradizione è di rinnovare ai piccini il legame di affetti con i parenti scomparsi.
“I morti appartengono a un’altra realtà, il nostro pensiero ridona loro vitalità.
Essi non gradiscono pianti, lamenti e cuori affranti.
Da mattina a sera si nutrono di sola preghiera.
Nel ricordare l’espressione dei loro volti
li facciamo partecipare alla nostra vita, come una volta”.
La festa di Halloween “notte delle streghe, dolcetto scherzetto” è stata portata in Irlanda da un nostro emigrante che a undici anni è stato costretto a lasciare l’Italia per aver assistito, involontariamente, ad un omicidio politico.
Per salvarsi la vita, perché testimone scomodo, s’imbarcò su un veliero irlandese.
2 Novembre “La Calzetta dei Morti”
Tempo fa per questa ricorrenza
si portava rispetto e riverenza
alle persone a lutto
e ai morti innanzitutto.
Ognuno provvedeva ai fiori e al cero
per ornare a festa il cimitero
tornavano i contadini dagli orti
per far visita ai loro morti.
Curvi e stanchi rientravano i cafoni
guidando le bestie coi bastoni
muli cavalli ed asinelli
carichi di legna e carbonella.
Con lo sguardo sincero
e la dentiera disastrata
davano la buona sera
con mezza risata.
Le famiglie li accoglievano unite e composte
ognuno al proprio posto
col camino acceso il lumino sulla finestra
il lardo appeso per condir la minestra.
In un sol piatto si consumavano fave e pancotto
ed era il braciere a far da salotto
fatto di stagno su un tondo tavolato
si appoggiavano i piedi per essere riscaldati.
Teneva unita la famiglia
s’impartivano i consigli
il culto del rispetto
riscaldava il morale e l’affetto.
Intorno a quel fuoco
tutte le donne erano operose
con aghi telai e fusi
preparavano il corredo per le spose.
All’imbrunire si andava in comitiva
a bussare all’uscio del vicino e del parente
a chiedere con voce prepotente
‘’Dammi dammi l’anima dei morti se no ti sfascio la porta’’.
Apriva la vecchierella che si privava della scorta
offrendo frutta secca di ogni sorta
e qualche caramella
fatta in casa anche quella.
A letto presto quella sera
per dire tanta preghiera
si diventava umili e buoni
per ricevere ricchi doni.
Ci raccontavano che a portarli
erano i parenti morti
che tornavano puntuali a mezzanotte
tutti liberi e risorti.
Pare che siano stati visti davvero
uscire dal cimitero in fila e in corteo
davanti i piccini dietro i grandicelli
gli adulti e poi i vecchierelli.
Al mattino si andava in fretta
dietro la porta a ritirar la calzetta
tempo fa non c’era la televisione ma tanta ingenuità
la calzetta piena metteva felicità.
La tradizione della calzetta si tramanda ai più piccini affinché si ricordino dei parenti defunti più vicini.