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Viaggio nell’architettura locale del Parco Nazionale del Gargano. Prima tappa: Vico del Gargano


L’ architettura locale, tema affrontato dallo storico dell’architettura, Bruno Zevi, e definita come “dialetto architettonico”, accomuna e caratterizza aree geografiche con aspetti socio-economico-culturali identici. In molti casi è etichettata come architettura minore, passando in secondo piano rispetto a quella dei principali Palazzi Pubblici e delle Chiese, ma l’aggettivo con il quale sarebbe meglio individuarla è senz’altro “architettura ricorrente”, in quanto si espliciterebbe meglio la valenza e l’ importanza sul territorio.

Nell’elencare le bellezze architettoniche locali, che contribuiscono alla determinazione di un linguaggio organico ed armonico con il paesaggio, verranno evidenziate moderne tendenze d’intervento; si spera che la descrizione degli elementi storici e quella delle immancabili modifiche possa far emergere, anche soltanto nell’immaginario del lettore, quale potrebbe essere l’indirizzo adeguato nei progetti di recupero del patrimonio esistente.

Il primo centro storico in esame, definito come il più affascinante ed interessante del Parco, è quello di Vico del Gargano.

Per comprenderne il valore architettonico bisogna dare due notizie di carattere storico:

- l’antico Borgo Medievale, costituito dai Quartieri Civita, Terra e Casale, ha rappresentato il principale centro garganico per numero di abitanti e per le attività produttive presenti;

- il nucleo antico, a partire dalla metà del XIX, ha subito un progressivo abbandono.

Ne è scaturita la conservazione, quasi integrale, del linguaggio architettonico tramandatoci da diverse generazioni. La stessa cosa purtroppo non è accaduta in altri centri garganici, si pensi ad Apricena, San Giovanni Rotondo e Rignano, dove ampliamenti e trasformazioni hanno interessato gli edifici antichi, rendendo ad oggi difficile una lettura degli elementi dell’architettura datata.

In un paese dove l’arte del ferro, del legno e della pietra era particolarmente fiorente non è difficile ritrovare elementi architettonici degni di nota, basti pensare ai portoni, alle inferriate, ai portali, agli stemmi ed altri elementi in pietra; in questa circostanza si vuole focalizzare l’attenzione sull’importanza di elementi, presenti in quasi tutte le abitazione, e che, purtroppo, hanno subito rovinose trasformazioni: cucina “monacesca”, comignoli e “pieddi” (scalinata d’ingresso all’abitazione). Proprio perché elementi indispensabili la tecnica costruttiva utilizzata veniva tramandata, rendendoli veri e propri oggetti di confronto non solo tra i proprietari, ma soprattutto tra i “mastri” che li realizzavano.

Sarà capitato a tutti di imbattersi, in ogni centro storico garganico, nei “pieddi”, scalinata addossata alla facciata principale dell’immobile con pianerottolo d’arrivo che consente l’ingresso all’abitazione; in pratica la tipologia edilizia diffusasi dal ‘500 in poi prevedeva la stalla al piano terra e l’abitazione al primo piano.

I “pieddi” hanno un parapetto in muratura (a Monte Sant’Angelo in genere l’elemento protettivo è invece la ringhiera in ferro) e nei casi più suggestivi caratterizzano intere strade. In alcuni casi sono anche realizzati a sbalzo su robuste mensole in pietra, interessanti esempi li vediamo a San Marco in Lamis.

Il parapetto in muratura è in genere coronato da elementi in pietra squadrati; anche la pedata della scalinata è costituta da un’unica lastra in pietra con la superficie lavorata allo scalpello. Proprio questi due elementi sono i più soggetti a modifiche; infatti in molti casi vengono rimossi e sostituiti da una pratica, ma anonima, lastra di marmo.

Si possono individuare diverse tipologie di cucina “monacesca”, ma la funzione era univoca: focolaio domestico e punto d’incontro della famiglia. Infatti non era solo il luogo deputato alla cottura dei cibi, ma, vista la presenza del camino, anche per la riunione familiare non solo nell’ora del pasto. La cucina “monacesca” è un ambiente dalla superficie utile in genere inferiore ai 4 mq ed al suo interno troviamo: camino, panche in legno, e due finestre. E’ facilmente riconoscibile sul prospetto esterno: due finestre rettangolari inquadrano uno svettante comignolo. Interessanti esempi li troviamo anche Rodi.

Le tipologie sono essenzialmente tre: aggettante rispetto alla muratura dell’edificio e sorretta da mensole in pietra; affiancata al “pieddo” e quindi sempre esterna al fabbricato; interna.

Le cucine erano sporgenti rispetto alla facciata dei fabbricati per consentire la realizzazione della canna fumaria esterna alla muratura, evitando così il suo indebolimento; in altri casi perché costituiscono probabili aggiunte. Nel caso in cui sia interna all’abitazione è separata dal vano principale attraverso un arco in muratura che individua uno spazio caratterizzato sempre dalla presenza del camino, della finestra e della panca per la seduta.

Purtroppo la tendenza attuale nel recupero è quella di sfruttare le dimensioni e, soprattutto, la presenza delle finestre per trasformare tali ambienti in servizi igienici.

I comignoli sono sicuramente un’altra bellezza decantata, ma poco preservata; gli studi in materia sismica li ritengono i più vulnerabili tra gli elementi architettonici, ma in alcuni casi i proprietari utilizzano l’arma della prevenzione e quindi li buttano giù prima che sia la natura a farlo.

La varietà delle tipologie è incredibile, la bellezza delle forme è unica, l’imponenza è mirabile. L’esempio riportato in foto non è in realtà nel centro storico, ma è in un quartiere del XIX secolo; è stato scelto per evidenziare come un secolo e mezzo fa le architetture antiche venivano prese a riferimento e perfezionate. Infatti è il tipico esempio di comignolo ai quattro venti con velette e terminazione a doppia piramide con sovrastante elemento in pietra di forma sferica; è direttamente impostato sulla cucina “monacesca”, che restringendosi nella volta fino a raggiungere le dimensioni della canna fumaria culminava, appunto, nel comignolo. Un’ aggiunta rispetto ai comignoli più antichi è rappresentata dallo stemma di famiglia in pietra, riportato su un lato della canna fumaria; ciò evidenzia come i comignoli abbiano sempre rappresentato l’elemento distintivo di ogni abitazione e di ogni famiglia.


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