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Vico del Gargano

Un po’ di storia
Vico del Gargano sorge in un punto strategico sulle colline del Gargano a sei chilometri dal mare e circa dieci dalla Foresta Umbra. A Vico il tempo sembra essersi fermato d'incanto e passeggiando tra i suggestivi vicoli, archetti e le meraviglie del centro storico, si ha l'impressione di fare un tuffo nel passato. Storia, religione, natura ed arte sono gli ingredienti che contribuiscono alla bellezza di questa cittadina.
Vale la pena ricordare che Vico del Gargano possiede le migliori sorgenti garganiche, motivo che spinse gli uomini preistorici a scegliere questa terra per i loro siti di soggiorno.
Infine ricordiamo la Necropoli di Vico del Gargano, a monte Tabor, luogo che gli abitanti di Vico, in tempi diversi, hanno scelto come ultima dimora terrena e la Necropoli di Monte Pucci, ancora luogo di scavi e di ricerca.
L'origine di Vico oscilla fra storia e leggenda; secondo alcuni sarebbe l'antica Gargano fondata da Diomede, di certo i primi insediamenti datano al periodo pre-romanico (V-IV sec. A.C.); nasce “ufficialmente” alla storia nel '970 quando il capo dei mercenari Slavi che si erano insediati nel paese, scacciando per conto dei Bizantini i Saraceni dal Gargano, ottiene di rimanere nelle terre liberate e di diventarne proprietario. Riunisce così le genti sparse entro provvisorie mura, dando origine alla primitiva “Civitas” che sarà chiamata Vicus e quindi Vico.
Nel sec. XI i Normanni conquistano il Gargano e costruiscono a Vico una prima fortezza, un castello che sarà in seguito ampliato dall' imperatore Federico II di Svevia nel 1240.
Nel 1386 San Vincenzo Ferreri, forse chiamato a dirimere le controversie sull'assegnazione del feudo di Vico, istituisce la più antica confraternita di cui si abbia memoria a Vico, la “Confraternita di Santa Maria dello Spedale” presso l'omonimo santuario fuori le mura.
Da allora, la tradizione delle Confraternite si è sviluppata ed è giunta fino a noi, secondo un rito tramandato di padre in figlio.
Nel 1495 Ferdinando II d'Aragona dona il feudo di Vico a Galeazzo Caracciolo, nobile napoletano in premio della vittoria da questi riportati sui Turchi ad Otranto. Alcuni anni più tardi il nipote di questi, Galeazzo II, abbraccia la fede protestante, diventa a Ginevra seguace e braccio destro di Calvino e di conseguenza perde titoli e beni che passano a figli non prima che questi abbiano fatto importanti donazioni alla chiesa e costruito per espiazione l'attuale Convento dei Cappuccini, dove profondono opere d'arte dei migliori pittori del tempo: una bellissima tela della Madonna attribuita a Girolamo Santafede, un grande polittico a sei scomparti firmato da Andrea Vaccaro della metà del '600, un maestoso Crocifisso di legno del secolo XVI e nel chiostro un affresco del XVII secolo raffigurante S. Michele Arcangelo.
Nel '600 la Signoria passa alla famiglia degli Spinelli; è in questo periodo che si ha l'arrivo a Vico di una numerosa colonia illirica, costituita soprattutto da mercanti-artigiani dediti alla tessitura ed al commercio del panno.
La comunità fonda il secondo quartiere di Vico, “il Casale”.
Nel 1792, viene costruito il Cimitero Monumentale di S. Pietro sul Monte Tabor, il terzo in Italia fuori le mura cittadine, anticipatore dell'editto napoleonico di Saint Cloud del 1806.
Oggi la cittadina si propone come centro di cultura e di turismo, potendo contare su di una posizione baricentrica nel Parco Nazionale del Gargano.  

Nel centro storico i caratteristici  “pujedd”, sorta di case a schiera con scala esterna, con abitazioni al piano superiore e vano sottoscala adibito a stalla o magazzino, costituiscono elemento emergente e seriale dell'architettura urbana. La mancanza di risorse ed un economia non fiorente hanno fatto si che non si riscontrino episodi architettonici e spaziali significativi, ma l'insieme della struttura  urbana consegna la sua specificità e validità, cui il carattere minore e spontaneo nulla toglie.
PALAZZO DELLA BELLA:
L'elegante sagoma della costruzione signorile introduce a Vico, all'aprirsi del secolo XX, una parentesi “fiorentina”. Voluto da Ignazio della Bella, il progetto, che si ispirava al modello trecentesco di Palazzo Vecchio, si collocava nella corrente neo-gotica. Su due piani scanditi da cornici marcapiano e coronati da una merlatura a coda di rondine, presenta due corpi di fabbrica lungo Salita della Bella e due antiche torri circolari. Sul sito dell'originaria torre d'angolo, di cui la famiglia Della Bella conserva documentazione fotografica, svetta oggi l'imponente torre, allungata da due bifore e coronata da ballatoio e merli guelfi (la merlatura del palazzo vichese inverte i tipi rappresentati in Palazzo Vecchio). Pure il corpo di fabbrica parallelepipedo, verso la chiesa di San Giuseppe, sembra infatti, richiamare una preesistente torre, di cui il progettista volle forse conservare l'idea.
LA CINTA MURARIA:
Nel 1292 Teodisco de Cuneo maestro dei balestrieri, uomo d'armi, provvede Vico di un organizzato sistema di difesa con una superba cinta muraria guarnita di circa venti torri. Questa la descrizione che se ne fa nella “Relazione d'apprezzo del Feudo di Vico”: “la maggior parte di essa che forma il pieno di detta terra sta racchiusa da mura ad uso di fortalizio, ripartito di quanto in quanto da torri rotondi e quadre, quali mura non permetteva altro ai cittadini, che l'entrare ed uscire a detta terra per una sola porta, della quale ne tiene il dominio la Casa Marchesale, e questo ad oggetto di impedire qualche incursione dei Turchi che per l'addietro si dice essere giunti fino al recinto di detta terra, per la quale causa nacque l'uso di farsi eleggere dal Barone una persona sotto nome di Camberlengo, affinchè invigilasse all'apertura e chiusura di detta porta, e di camminarsi la notte con suoi Giurati e Soldati e ritrovando persone fuori delle loro case da due ore di notte in avanti dopo i rintocchi della campana, quelli può carcerare, e n'esige la pena la Casa Marchesale ducati 6”.
IL CASTELLO:  
Nella sagoma quadrilatera del castello moduli architettonici diversi evidenziano tempi, funzioni e culture artistiche che si succedono, dai Normanni agli Aragonesi. Motivi di divesa sono alla base del primo impianto del complesso che in età sveva assunse gli ideali residenziali di una “domus solaciorum” di una dimora signorile per gli svaghi di cortigiani e forse anche dello stesso imperatore Federico II. Questi, nel 1234, aveva dato in dote alla terza moglie, Isabella d'Inghilterra, Vico e i paesi garganici compresi nell' Honor Montis Sancti Angeli. Nella quotidianità di oggi il castello rimane un simbolo, dominante sulla composizione urbanistica del paese. Muri incrostati di storia, volte a crociera, portali sfidano ancora il tempo e conservano il segreto di eventi che nessun archivio ha raccolto.

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