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Il virus dal sapore esotico...

CHE ANNO È STATO E COME POTREBBE ESSERE QUELLO CHE VERRÀ


Quest’anno è iniziato con una citofonata abbastanza fuori luogo che ci aveva dato la sensazione di vivere questi anni 20 del duemila con lo stesso senso di imbarazzo con cui è finito il decennio precedente. Invece un virus lontano, dal sapore esotico che guardavamo con sarcasmo e piglio di superiorità ha stravolto le nostre vite ponendoci di fronte a priorità e paradossi esistenziali . Il cinese da emarginare è diventato il connazionale del Nord, poi il figlio dell’amico di famiglia fuorisede di rientro da mammà, poi ognuno di noi, invasori di casa nostra.

L’Europa ci guardava come guardavamo noi la Cina, per poi compiere quello che era inevitabile fare quando non si ha il coraggio della prevenzione: lo Stato di emergenza. Noi italiani siamo maestri dell’emergenza: che siano terremoti, alluvioni, frane, scuola, sanità. L’emergenza è la condizione di normalità dell’Italia, nazione di poeti, santi e commissari straordinari.


Non potevamo fare altro che chiuderci in casa ed assaporare la novità della reclusione assistendo alle conferenze del Presidente del Consiglio come l’ultimo film di Christopher Nolan, vagando tra miriadi di videochiamate e la caccia all’untore runner, tra gli striscioni colorati e le occhiate guardinghe al tizio davanti a noi in fila al supermercato, interrogandoci se avesse la residenza del nostro quartiere/paese oppure fosse un fuorilegge. A portarci fuori sono stati i cani, non il contrario, e nell’incredulità dei fornai, il lievito è diventato il nuovo sacro graal già prima del lockdown nazionale, ai tempi degli assalti agli scaffali. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si è sentito come quei pacchi di pasta di penne lisce abbandonati li, nel vuoto. Eravamo un misto di Tinky Winky, guardiano della morale e della rivoluzione di Khomeini, Gino Sorbillo e madre sessantenne che ha appena scoperto Whatsapp . E penne lisce.


Per reazione all’isolamento siamo stati in perenne contatto con gli altri. Non so quanto questo contatto si sia trasformato in relazione, in comprensione, ma un senso impressionante di appartenenza ha invaso i nostri cuori e balconi.

Le immagini dei camion dell'esercito pieni di bare incolonnati per le strade di Bergamo ci hanno tenuti stretti fino a quando siano rimasti chiusi in casa. Alle prime aperture primaverili ognuno per se.

Piazza San Pietro, bagnata dalla pioggia e riempita solo dalla preghiera flebile di un anziano, ha lasciato la scena ad altre piazze, più soleggiate e rumorose, teatro di scontri o teorie che smascherano segreti internazionali scovati grazie a messaggi circolati liberamente nelle nostre chat.


L’incertezza ci stava soffocando. L’ansia è stata la nostra amica invisibile per tutto il 2020, ma con il caldo dell’estate si è presa qualche giorno di vacanza pure lei. Spogliati dai vestiti lunghi e da qualche paura, ci siamo abbracciati, baciati. Abbiamo fatto i bagni al chiaro di luna, l’amore, abbiamo scoperto anche la montagna, l’ombra delle foreste, senza mischiare il nostro sudore nei concerti, sperimentando nuovi modi di stare insieme e trascorrere il nostro tempo distanziati ma dalle incombenze quotidiane. Noi umani non siamo macchine, per ricaricarci dobbiamo staccare.


L’autunno è arrivato come un imprevisto. “Che succede?” come disse il poeta. Proseguendo con le citazioni poetiche “Si sta come in autunno sugli alberi le foglie” cioè colorati come le Regioni e instabili come il nostro benessere psicologico. Siamo stati bombardati con la Fase 2, ma nessuno ci ha menzionato l’Ondata 2, anzi. Eravamo come adolescenti che credevano che le giornate non si sarebbero mai accorciate. La notte è piccola in estate ma si allunga con l’abbassarsi delle temperature. Sembravamo tutti protagonisti del meme dove due Spiderman si indicano. I politici che a Marzo sulle proprie bacheche Facebook si erano trasformati in show man, rieletti anche per le loro abilità comiche, a fine Ottobre non facevano più ridere. Io ad un certo punto mi ero preoccupato seriamente della loro salute mentale. La sera smentivano quello che avevano dichiarato la mattina. Poi mi sono reso conto che era sempre la solita commedia dal titolo “buttarla in caciara”.


A proposito di caciara, gli scontri di piazza sono ritornati con le restrizioni e con più violenza, scagliandosi anche contro il personale sanitario considerati in primavera come una sorta di Avengers. Nelle rivolte si poteva trovare di tutto perché si sa che la disperazione fa gola agli sciacalli. Le piazze hanno sempre qualcosa di interessante da dire, peccato che si sia dato spazio alle urla pur sapendo che le grida sono incomprensibili. Tante altre piazze dovevano essere ascoltate per mettere in sicurezza il nostro futuro, come quella degli studenti esasperati dalla gestione confusionale della scuola, delle associazioni di mutuo soccorso che hanno dato voce alle famiglie colpite da avvisi di sfratti, dei giovani medici specializzandi, che in 14 mila sono congelati da un sistema concorsuale allucinante. Così come i fattorini, gli artisti e i lavoratori dello spettacolo e della cultura, gli operai della logistica e tutti quelli che hanno continuato a recarsi a lavoro anche se messi in cassa integrazione.


A colpi di bonus, dilemmi sul funzionamento del chashback e fantasiose crisi di governo a cui nessuno ha creduto ma che hanno contributo a consolidare il rincoglionimento generale, siamo arrivati fino al Natale. Anche il dibattito sull’orario della nascita di Gesù Bambino ha avuto il suo meritato spazio sostituendo egregiamente la tradizionale polemica natalizia “presepe a scuola”.


Un Natale di privazioni che ci ha aiutato a comprendere le priorità, ma anche il Natale dove dal freddo Nord il Santa Cluas covid-edition guida un furgone refrigerato carico di vaccini da donare sia ai buoni che ai cattivi. A volte la vita è davvero troppo didascalica ma davvero questo 2020 con la sua pandemia ha messo in luce le nostre fragilità e punti di forza, le minacce e le opportunità.

Il difficile sarà seguire la luce.


La speranza per l’anno che verrà è quella di allenare le nostre capacità di comprensione, cambiando punti di vista e tendendo lo sguardo in alto, come quando la melma delle sabbie mobili solca il nostro collo e per cercare una via di fuga dobbiamo guardare altrove da noi.


Lontano da noi.

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