Presentato il “Diario spirituale” di monsignor Vailati curato dall’arcivescovo Domenico D’Ambrosio
Il 26 giugno, giornata in cui si sono aperte ufficialmente le iniziative legate all’anno commemorativo del ventennale della canonizzazione di padre Pio, nel santuario di Santa Maria delle Grazie, a San Giovanni Rotondo, è stato presentato il “Diario spirituale di monsignor Valentino Vailati” pubblicato dalle Edizioni padre Pio da Pietrelcina e curato da monsignor Domenico Umberto D’Ambrosio, arcivescovo emerito di Lecce. Dopo i saluti di Padre Franco Moscone (arcivescovo di Manfredonia-Vieste-san Giovanni Rotondo, presidente di Casa sollievo della sofferenza e direttore generale dei Gruppi di preghiera di padre Pio) e di Fr. Maurizio Placentino, (ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia religiosa di Sant’Angelo e Padre Pio), è intervenuto il cardinale Marcello Semeraro (prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi) sul tema “Per il controllo della mia anima”, sottotitolo del libro. A moderare l’incontro Stefano Campanella, direttore di Teleradio Padre Pio. L’evento è stato trasmesso in diretta dal canale web TV della testata.
L’EVENTO
La figura di monsignor Valentino Vailati è indissolubilmente legata alla causa di beatificazione e canonizzazione di Padre Pio. Fu lui, infatti, a presiedere il tribunale ecclesiastico che se ne occupò. Vailati venne definito “apostolo infaticabile della causa di padre Pio”. Nominato arcivescovo della diocesi di Manfredonia- Vieste, fece il suo ingresso il 22 agosto 1970 e subito, nel mese di ottobre, prese in mano la causa del venerato Padre. Nella sua relazione di accompagnamento all’istruttoria, scrisse che le virtù teologali e cardinali esercitate dal frate di Pietrelcina avevano tutte le qualità per essere definite “eroiche”.
“Siamo qui a vivere questo momento bello, per me commovente – ha esordito monsignor Domenico D’Ambrosio, che ha curato la pubblicazione del diario – Mi viene alla mente una delle tante massime di mons. Vailati: “C’è un momento in cui la Storia tutto copre e c’è un momento in cui la Storia tutto scopre”. Ecco, stiamo scoprendo la bellezza e la grandezza di questo pastore della nostra Chiesa, che aveva una saggezza umana, una ricchezza unica. Sono i tre quaderni del Diario, manoscritti con una grafia tipica, ordinatissima, nessuno potrebbe sbagliarne la lettura. Vanno dal 19 agosto 1937, vigilia della sua ordinazione sacerdotale fino a settembre 1997, qualche mese prima della sua morte che avvenne il 2 febbraio del 1998.
E dentro c’è una storia molto bella.
“E’ un momento in cui cominciano a rarefarsi i testimoni. Ed io sono uno di questi. Ebbi un legame forte con monsignor Monsignor Vailati – continua D’Ambrosio -.Sono testimone della chiusura del processo diocesano, fui consacrato vescovo 10 giorni prima da Giovanni Paolo II, non ancora facevo ingresso nella Diocesi a Termoli.
D’Ambrosio racconta aneddoti che rendono tangibile il carattere schivo e lo stile mordace di Vailati. “All’assemblea della CEI sedeva sempre agli ultimi posti, si metteva in fondo perché quando si stancava delle chiacchiere dei vescovi usciva e si faceva le passeggiate, faceva un po’ di spesucce nei negozi che gravitano intorno a san Pietro, Da prete io partecipavo e intervenivo a nome della commissione presbiterale italiana, in quanto ero componente della triade che rappresentava il sud Italia. Un giorno feci un intervento, avevo 32 33 anni, ero giovanissimo, c’erano vescovi, rossi, cardinali. Quando esco, monsignor Vailati mi ferma e mi dice: “Sono vent’anni che io vengo a Roma come vescovo, partecipo all’assemblea, non ho mai parlato. Tu non sei neanche vescovo e hai parlato”. Ed io guardandolo: “Eccellenza, ho sbagliato?.” “Noo, mi sei piaciuto”. E stemperò così la mia ansia.
Monsignor Vailati non ha scritto un diario perché andasse in stampa, alla storia. Perché lo scrisse ? Per un controllo della sua anima. Questo il titolo bello e significativo del diario, ed è così, è proprio vero perchè c’è un esame continuo tra la chiamata e la risposta.
D’Ambrosio, dopo aver letto e riletto il bellissimo itinerario di vita spirituale di questo “santo uomo” ha scritto in prefazione: “La lettura di queste pagine ci definisce la statura di monsignor Vailati: un uomo di Dio consegnatosi a Cristo e alla Chiesa in una fedeltà che si rinnovava ogni giorno, e che nel dipanarsi della contrastata vicenda umana sapeva spargere sempre il piccolo seme della parola che dilatava gli spazi della speranza. Era un uomo che si lasciava guidare dalla grazia del Signore, i suoi giudizi erano sempre intessuti dalla ricerca di quella parola che dava ragione a questa sua serenità. Con Vailati non c’era bisogno di prenotare, si andava, si suonava e si entrava, era così.
Non ha mai alzato la voce, in 20 anni, ma noi preti sapevamo quando era il momento in cui perdeva la pazienza: c’era un suo quasi impercettibile “movimento” e capivamo che era giunto al massimo. Scrutavano tutti i suoi piccoli gesti. Leggendo queste pagine con una grafia larga chiara, curata, ho avvertito la bellezza di un sereno, non privo di difficoltà, itinerario di vita spirituale che attingeva alla parola dei padri, dei grandi maestri di vita spirituale e del magistero. Il suo diario non è un resoconto autobiografico, ma un inedito e originale metodo di verifica della sua vita spirituale, narra il suo stile di vita fatto di ministero e di accoglienza. Mi piace ricordare una bellissima definizione che di lui fece monsignor Magrassi, alunno di Vailati quando era vicerettore e professore di esegesi biblica nel seminario maggiore di Tortona. Cosa scrive? “Vailati non si lascia prendere nel vortice dell’attivismo, ma fa sgorgare la sua azione da un clima di pacata riflessione, le decisioni sono sottoposte al vaglio del discernimento, l’agire sgorga da un crogiolo interiore di preghiera e di riflessione, non si lascia prendere da facili entusiasmi, è come lo scoglio che sta fermo, mentre il mare si agita”.
Dalla lettura di questa esistenza spirituale, emerge la singolare avventura di un uomo di Dio che, nel giorno della sua ordinazione presbiterale, prega e chiede al Signore: “Fa che io comprenda quello che è avvenuto in me, sono contento di capire niente, perché segno che si tratta di una cosa grande, altissima e questo basta a darmi tanta gioia. Ti sono prediletto, Signore, mi getto in Te, voglio essere santo per glorificarti in terra e in cielo mi sembra superfluo dirti che ti sarò fedele. Tu mi hai eletto, mi farai anche fedele. Grazie, mio Dio, Ti amo”.
Continua D’Ambrosio: “Quando si leggono queste pagine (A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti, direbbe Foscolo a Pindemonte), emerge una cura attenta e vigile della vita spirituale e del rapporto con il Signore. Monsignor Vailati era fedelissimo agli esercizi spirituali annuali, quando poteva partecipava con i vescovi di Puglia anche da vescovo emerito, diversamente, quando non poteva, andava a Loreto per dieci giorni, o per una settimana intera di esercizi spirituali.
Egli è stato innanzitutto un educatore, dal 1955 al 1960, prima nel seminario minore a Stazzano e poi nel seminario maggiore vicerettore e poi rettore del seminario teologico. A un certo punto, lo chiama il vescovo e gli dice: “Lei è stato nominato rettore del seminario regionale di Chieti. E’ d’accordo? “. Vailati dice di no, perché subito dopo c’era la nomina a vescovo.
“La stagione bella di monsignor Vailati, che poi ha portato a noi, è stata quella del Concilio Vaticano II – sottolinea D’Ambrosio - Era uno dei vescovi più giovani, 48 anni, ha portato nella nostra Chiesa il Concilio – come dissi nell’ omelia per il cinquantesimo della sua ordinazione presbiterale. (Decise lui: tu farai l’omelia per il mio cinquantesimo!). Dissi, quella volta, che con lui la nostra Chiesa cominciò i primi balbettii di comunione, la corresponsabilità, l’impegno. Il sinodo diocesano fu una grande avventura, il frutto più bello del suo stile di compartecipazione: per cinque anni, dall’indizione fino alla conclusione coinvolse l’intera comunità garganica. Ma Vailati che non amava le circonlocuzioni, andava dritto, e scrisse: “Una grande fatica, molto bella, ricca. E’ un poco di ardimento, e soprattutto un gesto di speranza nella futura vitalità di questa Chiesa, che dovrò consegnare a Cristo risorto”. E, con lo stile franco che lo connotava, a conclusione dell’assise, il 19 marzo 1990 annotò: “Non posso dire d’aver raccolto molti consensi. Pochi sacerdoti infatti hanno camminato insieme con il vescovo. I laici erano più attirati dalla novità, lo Spirito santo farà germogliare i semi di verità di santità di apostolato per la crescita della chiesa diocesana. Ego feci hoc in nomine Domini”.
Riguardo a Padre Pio, D’Ambrosio sottolinea: “Monsignor Vailati visse una situazione che ho vissuto anch’io e che hanno vissuto i preti giovani degli anni sessanta. Va a Roma e scrive: “Nel 1961 (era già stato nominato vescovo all’Immacolata nel ‘60) prima dell’ordinazione in Segreteria di Stato fui consigliato di non recarmi da San Severo a San Giovanni Rotondo, 33 chilometri per incontrare padre Pio, perché ogni visita di un vescovo veniva strumentalizzata dai giornalisti. Rispettai la disposizione dell’autorità superiore e quindi non ebbi nessuna conoscenza personale di padre Pio”.
Ricorda D’Ambrosio: “Vi posso dire, se non lo sapete, cari fratelli, che anche a noi preti giovani era vietato venire qui, io non ho conosciuto padre Pio. Non andate a San Giovanni Rotondo! ci dicevano. Quando mi arrivò’ la nomina mi son detto tra me… ma guarda un po’… ma ho obbedito. Poi il Signore si serve di altro per far conoscere e mi ha fatto conoscere, e da vicino, e sulla mia pelle, san Pio”.
Sulla canonizzazione del frate, Vailati annota: “Ora de providentia mi tocca essere responsabile in prima linea nell’ investigare sulla santità di quel frate, mi confondo pensando alla mia miseria e mediocrità spirituale. Una gallina da cortile deve giudicare un’aquila”. “Incredibile. E’ lo stile! – commenta ammirato D’Ambrosio e prosegue :”Monsignor Vailati sa leggere la storia, la grande maestra. E la maldestra visione degli uomini sempre piccoli ed insipienti. Ecco cosa dice ancora a proposito di padre Pio: “E’ capitato altre volte e così si ripete nella storia di padre Pio, quelli che fanno più brutta figura sono gli uomini, anche eminenti, di Chiesa”. Ed ecco un altro affondo di Vailati: “Se le intenzioni fossero state guidate da maggior spirito di fede, quanti errori di meno, minori sofferenze, meno scandali, minori difficoltà a credere nella Chiesa, madre e maestra. Ma poiché ciò che è storia nella vita di padre Pio si ripete in tante altre vite di servi di Dio, penso che anche in questo sbagliare umano ci sia un disegno misterioso di Dio, da adorare anche nelle oscurità”.
Nel consegnare alla congregazione dei santi i numerosi volumi, nel presentare il lungo complesso lavoro dell’inchiesta condizionale, ecco la sintetica definizione di Vailati della santità di padre Pio: “In mezzo a tante vicende rifulge il santo ridotto all’essenziale sequela di Cristo, amore e passione”, e strappandoci un sorriso, aggiunge: “Penso che in paradiso padre Pio riderà sul nostro gran lavoro per provare la sua santità. Se io ed altri investigatori ci fermiamo al ruolo di investigatori, di giudici, tempo sprecato!”.
“Vi posso testimoniare – commenta D’Ambrosio – che abbiamo tagliato un po’ di pagine. Erano troppo vere, troppo sincere. Vere vere. Le abbiamo tagliate…”. E conclude: “La lettura di questo diario ci mette a parte non della biografia di monsignor Vailati, ma di un serio itinerario di vita spirituale, nel quale si avverte da una parte la ricchezza dei doni con cui il Signore ha accompagnato un operaio, inviato a lavorare nella sua vigna, e dall’altra la risposta generosa, attenta, non priva di un costante attenzione a non sperperare i doni e i talenti ricevuti, sicché non sfugge il significato dello stesso sottotitolo che Vailati ha voluto dare a questo suo dialogo con il Signore: “Per un controllo della mia anima”. Dal Paradiso forse si divertirà, sentendo tutte queste cose che diciamo di lui, si farà delle risate, una delle sue, con quel tipico humor inglese che non gli difettava e che emerge da queste pagine. Io sono contento: mettiamo a disposizione di tanti la possibilità di lasciarsi interrogare da un itinerario che è possibile a tutti, anche a noi. Se crediamo veramente che il Dio santo ci vuole Santi!”.
I RINGRAZIAMENTI
Monsignor Domenico D’Ambrosio ha ringraziato tutti coloro che hanno collaborato alla redazione del libro: ” Non è stato un lavoro semplice, anzi è stato davvero impegnativo. Praticamente ho lavorato due anni. Mi hanno aiutato in molti, parecchi “operai”. Il primo è stato Saverio Padovano che mi ha reso possibile la trascrizione agevole del manoscritto, dopo averne fotocopiato le centinaia di pagine. Insieme a me, Antonio Tomaiuoli, Stefano Campanella hanno profuso tempo ed energie per fare un’edizione critica del Diario, ritrovando la fonte delle varie citazioni bibliche, autori spirituali, citati da Vailati. Mattinate intere, nella sede di tv padre Pio a ricercare in internet.
D’Ambrosio ha citato la presenza graditissima all’evento su Vailati di due suore venute appositamente da Genova: sono la superiora generale emerita e l’attuale superiora, suor Paola, della congregazione di diritto diocesano PORA (Piccola Opera Regina Apostolorum) fondata da monsignor Vailati (che la cita nel diario) e approvata dal cardinale Giuseppe Siri. D’Ambrosio ricorda che quando era arcivescovo a Foggia vennero a trovarlo nel 2000-2001 e gli raccontarono la loro storia legata a Mons.Vailati: “Di tutto questo non sapevamo nulla, perchè lui aveva questo silenzio questo lavorare lavorare, ma non appariva mai: era così”.
Il diario è arricchito dalla postfazione di Padre Franco Moscone, che ha ringraziato D’Ambrosio per il prezioso lavoro svolto.
Teresa Maria Rauzino
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