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  • Immagine del redattoreMichela

Quando non tutti avevano l'elettricità...


Nel periodo della guerra circolare per le strade di Vico quando calava la sera era impossibile, poiché, a causa del coprifuoco, era tutto buio. Si rischiava di calpestare qualcosa di spiacevole o ancor peggio di cadere. Andare da una parte all’altra del paese era un’impresa non facile. Le abitazioni venivano illuminate per qualche ora (luce a forfait), e solo quelle delle famiglie che potevano permettersi di pagare; i meno fortunati utilizzavano la luce a petrolio o ad olio e, sul lumino veniva posta una pietra di sale per risparmiare. La sera le imposte dette “i skur” erano sempre ben chiuse, poiché per paura di bombardamenti, all’esterno non doveva filtrare nemmeno un filo di luce. D’inverno, racconta Maria, verso le ore 17.00 essendo già buio, per andare a “Mezz cavut”, vicino al rione S. Marco, era necessario munirsi di un tizzone acceso e rischiarare con una flebile luce la strada per raggiungere la dimora di amici, di un familiare, o per andare a fare la spesa in qualche negozio. Nei pochi esercizi commerciali dell’epoca, c’era una candela dalla luce così fioca e tremula che si faceva difficoltà a discernere bene quanto esposto; ben poco, a dire il vero. In posti diversi di Vico, c’erano negozi che vendevano prodotti diversi : da Mkel du currir si trovava un po’ di tutto (pasta, sale zucchero, olio), da Tumas d cttun la pasta, da Luciett et Rusnell pasta, spagnolette di filo, barattoli di pomodori, olio, da Kiarin d frlocc sale, zucchero, tabacco e fiammiferi. Bisognava essere muniti di una tessera e fare la fila, a volte lunghissima, e aspettare pazientemente il proprio turno. Purtroppo, la crisi economica, la mancanza di soldi, costringevano la maggior parte delle famiglie a fare credito presso i commercianti che, puntualmente, annotavano su di un quaderno la lista dei prodotti acquistati. Il più delle volte ci si vergognava perché alcune persone benestanti, presenti nel negozio, guardavano, scambiandosi fra di loro delle occhiate commiserevoli. Maria ricorda che la pasta era custodita sia nei sacchi di tela ruvida o di carta, sia nei cassetti di legno muniti di una lastra di vetro e di una paletta concava che fungeva da dosatore. Possedere una radio era un lusso di cui solo qualche ricca famiglia vichese potava usufruire; cosicché, in un’ora ben precisa del pomeriggio, era consuetudine, per gli uomini del quartiere di S. Marco e dintorni, recarsi nel rione Terra in Via S. Giuseppe. Qui si soffermavano nei pressi di qualche signorile dimora, sul cui davanzale veniva collocato l’apparecchio radiofonico che diffondeva notizie relative al periodo storico che si stava vivendo. Terminato il notiziario, si ritornava tutti nelle proprie abitazioni e, strada facendo, ognuno, scuotendo il capo e con aria preoccupata, commentava gli eventi appena ascoltati.


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