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Il dramma dei giovani del sud e le chiacchiere della politica

IL DRAMMA DEI GIOVANI DEL SUD E LE CHIACCHIERE DELLA POLITICA


E' del tutto normale che i giovani del Mezzogiorno d’Italia continuino ad emigrare esportando cultura e competenze? No!

L’emigrazione è sempre la prova di un’economia sottosviluppata che non utilizza le proprie risorse o, meglio, le cui risorse vengono sfruttate da multinazionali e gruppi politico-affaristici di aree sviluppate con il beneplacito di politiche interne ed esterne compiacenti.

Quando questo avviene all’interno di un’area geografica politicamente unita, come l’Italia, le considerazioni e le analisi non possono essere occultate: prima o dopo emergono.

Mentre alcuni, troppi, vorrebbe continuare a godere del nostro silenzio, ripetiamo a gran voce anche in questi giorni in cui si parla di ripartenza dopo la pandemia, confortati da studi seri e documentati, che dagli inizi degli anni Novanta del secolo scorso il Mezzogiorno è completamente fuori da qualsiasi progetto politico e che la vecchia "Questione Meridionale" è stata mestamente messa in soffitta.

Allarmanti da questo punto di vista le dichiarazioni del presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che vorrebbe una ripartenza del Nord imponendo il silenzio al Sud.

I fattori per cui questa realtà si è concretizzata sono tutti facilmente leggibili. Innanzitutto una nuova classe politica nazionale non all'altezza e del tutto inferiore a livello politico e culturale di quella disastrosa che l'aveva preceduta; la sensazione di fallimento delle politiche di intervento straordinario con l'aggravante delle tante dilapidazioni e appropriazioni indebite delle ingenti somme erogate; una classe dirigente meridionale scadente e del tutto subordinata a logiche politico-economiche esterne al Sud; l'affermazione delle teorie sui meridionali incapaci e del Sud come "palla al piede" (Antonio Gramsci già nel 1926 in Alcuni temi della quistione meridionale aveva coniato il termine sinonimo “palla di piombo”) dell' Italia con la conseguente convinzione che lo sviluppo potesse avvenire senza tener conto delle problematiche delle aree arretrate da lasciare al proprio destino; la nascita di una "Questione Settentrionale" che ha avuto sfogo con l’avvento della Lega Nord, partito che, complici gli altri partiti nazionali, quando al governo ha voluto ed ottenuto l'ampliamento del divario nord-sud, come mai avvenuto in precedenza.

L'intervento straordinario per il Mezzogiorno, frutto di scelte oculate della classe politica del secondo dopoguerra, aveva ridotto sensibilmente il divario nord-sud nel ventennio 1950-1970. Poi, la crisi del settore industriale a metà degli anni Settanta ha bloccato il processo in atto. In ogni caso, la critica di aver speso ingenti risorse economiche per uno sviluppo del Sud mancato è da respingere, poiché la Cassa del Mezzogiorno ha destinato risorse straordinarie al Sud mentre la spesa ordinaria destinata ad esso decresceva di pari passo. Lo studioso Pasquale Saraceno, come ricorda l’illustre storico Giuseppe Galasso, riteneva che in investimenti produttivi sia stato destinato solo lo 0,5% del Pil, i soli che potevano generare sviluppo e occupazione.

Già negli anni Sessanta del secolo scorso Paolo Cinanni, l'ultimo dei meridionalisti volutamente dimenticato, aveva capito l'ultima evoluzione del capitalismo e il collegamento certo tra emigrazione, imperialismo e colonialismo.

Importanti le parole al Senato e alla Camera di Giuseppe Provenzano, un ministro che finalmente dopo 30 anni è tornato a parlare della Questione Meridionale nel silenzio tombale delle aule, ammettendo le gravi ingiustizie perpetrate contro il Sud.

A noi basterebbe, in verità, un banalissimo impegno ordinario e la restituzione di quegli 840 miliardi sottratti al Mezzogiorno dal 2000 al 2017, come attesta il recente Rapporto Italia 2000 dell’Eurispes, totalmente oscurato dai media nazionali.

Ma se alle parole non seguiranno azioni concrete e se i nostri giovani continueranno ad emigrare, portando altrove, a costo zero, cultura e competenze, sarà semplicemente perché le politiche governative continueranno a voler considerare il Sud come una colonia interna.

L’appello di Pino Aprile, presidente del Movimento per l’Equità Territoriale, affinché la ripartenza avvenga dal Sud non può essere lasciato cadere nel vuoto.

Michele Eugenio Di Carlo

(coordinatore nazionale segreteria M24A per l’Equità Territoriale)




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