Orfani di Giustizia: in memoria delle vittime innocenti delle mafie
di Antonella Laganella
Il 21 Marzo è una data importante. E’ convenzionalmente considerato il primo giorno di primavera. E’ anche la giornata mondiale della poesia, che ci permette di andare oltre i confini, le lingue e le differenze, perché attraverso l’universalità del verso, si diventa cittadini del mondo, potendo veicolare un messaggio di dialogo e di pace. Ed è anche la giornata mondiale della sindrome di down, dedicata alle sfide contro i pregiudizi: quelle che permettono di creare opportunità a chi ha abilità non comuni.
Ed è ulteriormente importante, perché è stata istituita con la L. 20 dell’ 8.3.17, come giornata nazionale della Memoria e dell’Impegno, in ricordo delle vittime innocenti delle mafie: quelle delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, ma anche delle vittime del terrorismo e di tutte quelle che, per motivi di dovere e di Giustizia hanno perso la vita.
Sono talmente tante che, almeno in questa giornata, si è pensato di declamarne i singoli nomi per evitare il rischio della spersonalizzazione della morte.
Si è voluto evitare che le identità di tutti coloro che sono morti a causa della Giustizia, potessero essere confinati nell’oblio della dimenticanza. Oltre il 70% delle famiglie delle vittime d’altro canto, non conosce la verità sulla morte dei propri cari. Quasi l’intera popolazione, non sa chi è morto per promuovere una Giustizia che possa ancora operare efficacemente per i vivi.
La Memoria importa assimilazione, ma se è confinata al ricordo di una giornata e non viene concretamente codificata in azioni di sensibilizzazione, rimane soltanto una forma di appagamento sociale, quasi patriottica, per illudersi di appartenere alla categoria dei cittadini, quelli bravi.
L’impegno collettivo che ci appartiene invece come singoli, come associazioni, scuole, università ed in qualsiasi spazio in cui ognuno di noi vive e sente la responsabilità per il bene comune, deve diventare il vero antidoto al male delle mafie: in tutte le molteplici, insidiose, modernissime forme ormai, in cui il male si insinua nel tessuto sociale.
L’antidoto è diventare cercatori di verità, divulgatori di affermazione di diritti e di libertà negate dalla corruzione, dalla concussione, per riuscire a sentire “quel fresco profumo di libertà” di cui parlava il giudice Paolo Borsellino: quello cioè che fa rifiutare il puzzo del compromesso, dell’indifferenza, della contiguità e della complicità.
Il 21 marzo non è una data in cui la “Memoria” si congela solo per annuire opportunamente sulla appropriatezza della ricorrenza.
Deve invece divenire il traguardo utile per contrastare quel diffusissimo atteggiamento mafioso dilagante ogni giorno in ogni àmbito comunitario e che viene subìto con un’accettazione tacita impressionante.
Occorre avversarlo, con un impegno che dura ogni singolo giorno di tutto un anno.
Occorre educare una memoria imperitura per nutrire il senso identitario di ciascuno, affinché non si attenui ogni giorno di più, l’abissale distanza della percezione del cittadino al Sistema Giustizia, specie se la Giustizia, nella nostra terra, è orfana: dotata di una sola Procura per 7232 Kilometriquadrati di cielo, di mare, di montagne e strade impervie, di 7232 Kmq di solitudini, davanti ad uno Stato lontano dal cittadino, sempre più immemore.
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