DECRETO RILANCIO: IL SUPERBONUS 110% E LE GESTA EROICHE DELLEIMPRESE
La deludente ultima versione del maxi decretone – ormai decreto-legge n. 34, annunciato come un capolavoro senza tempo, contiene, ahinoi, non pochi contrasti.
Una misura ambiziosa, quella della detrazione fiscale al 110%, ma dall’iter quasi inapplicabile. Burocrazia complicata, requisiti tecnici e tempistiche estenuanti, lunghe procedure attuative, criticità della cessione del credito. Insomma, un processo interminabile che rischia di non essere adottato per tempo considerando l’eventualità di scontrarsi con la proverbiale burocrazia italiana e le goliardiche tempistiche annunciate dal governo che dureranno 18 mesi.
Il favoloso paragrafo sulle rinnovabili predica bene e razzola male. Si illudono i contribuenti di fare i lavori in casa gratis, ma ad usufruire dell’agevolazione potrebbero essere in pochi: una missione incompiuta quella del governo che elargisce a stento e a fatica promesse leggendarie (come il decreto “cura Italia” di cui molte imprese non hanno beneficiato a causa delle istruttorie insostenibili e della discrezionalità - notoriamente di parte - concessa alle banche sull’assegnazione del finanziamento) .Evidentemente ai nostri governatori poco importa delle imprese che fino a poco fa reggevano il Pil e producevano ricchezza.
Tornando alla corsa ad ostacoli a cui dovranno partecipare le p.m.i., in qualità di E.S.Co - (Società di Servizi Energetici), sto vivendo sul campo le difficoltà insite nelle misure di sostegno alle rinnovabili e all’efficienza energetica e mi preme rendere note alcune delle penalizzazioni scaturite dall’attuazione di tali provvedimenti: a partire dai limiti imposti per la realizzazione degli interventi, i surreali obiettivi da attestare sui certificati energetici e, non di minore importanza, lo scoglio delle banche.
Gli incentivi per la riqualificazione energetica sono indirizzati al target dei condomìni e ai soggetti privati, cioè, sono applicabili sulle singole unità abitative adibite a prima casa, mentre vengono escluse (quasi del tutto) le seconde case; ergo, tutti i soggetti giuridici, dagli imprenditori ai commercianti, che vogliano riqualificare la propria attività, sono esclusi dall’incentivo del 110% (fermo restando la detrazione dal 50% al 65%, come da legge vigente). Insomma, i possessori di partite iva, già martoriati dalla crisi sanitaria, sono esclusi anche dal Superbonus.
Come se non bastasse, gli interventi devono migliorare la prestazione energetica dell’ unità abitativa di ben 2 classi (“o raggiungere la classe energetica più alta possibile” - puntualizza il decreto). Tecnicamente, migliorare di due classi è un obiettivo realisticamente raggiungibile solo per gli immobili più malmessi. I tecnici abilitati che riusciranno ad asseverare un attestato che dichiari il “doppio salto”, a mio modesto avviso, non sarannomolti.
Tuttavia, il vero cavillo è rappresentato dall’iter operativo: duplicare l’efficientamento energetico di un appartamento in un condominio significherebbe anzitutto moltiplicare la documentazione da presentare agli enti competenti e, in secondo luogo, alimentare attese sfibranti prima del via libera di tutti condòmini per gli interventi sulle parti comuni (tetto, facciata, ecc..).Ritengo che una società di servizi energetici o l’impresa esecutrice che va ad operare dopo mesi di stop - senza aver ricevuto alcun sussidio, ma solo chimere - non dovrebbe essere sottoposta ad ulteriori prove di forza e coraggio.
Altra criticità è la cessione del credito che dovrebbe consentire al privato a corto di liquidità o fiscalmente incapiente di riconoscere il proprio vantaggio fiscale al fornitore di beni e servizi, all’intermediario finanziario o all’istituto bancario, sotto forma di credito sulle loro imposte. Le lacune di questo strumento partono dalla base: diverse società contestano la riluttanza che dimostrano alcune banche ad accettare l’utilizzo di questa formula creditizia. Un problema elementare che fatico a credere sia solo una svista (l’ennesima) della turbo agevolazione prevista per il rilancio.
Ammettendo che l’azienda riesca a compiere queste gesta eroiche, le banche (sempre che siano disposte a fare la loro parte) lesinerebbero il prodotto alle imprese lamentando il merito creditizio come hanno fatto finora con i prestiti ponte per la cessione del credito. Quando la cessione si riferiva solo alla versione ridotta dell’Ecobonus, l’impresa doveva farsi finanziare una percentuale ridotta del fatturato, un 20% in media, cosa che, pur con qualche difficoltà, generalmente, riusciva a fare. Ora, se tutto andasse in cessione, la richiesta di supporto finanziario crescerebbe di gran lunga ad oltre la metà del fatturato con il rischio che l’offerta delle p.m.i. non sia in grado di assorbire tale domanda, a causa di problemi di capitalizzazione e accesso al credito da parte di aziende più grandi. Questa criticità rischierebbe di mettere in pericolo l’intero sistema dell’offerta e, per giunta, il mercato delle ristrutturazioni rimarrebbe nelle mani delle grandi utility. Che il favoloso capolavoro governativo voglia favorire le grandi aziende, non è poi così surreale.
Il governo profetizza che il Superbonus al 110% sarà una misura “shock” . Come non essere d’accordo, vista la paralisi economica a cui ci ha condotto .In assenza di una politica industriale e di una logica visione d’insieme, tutti gli “arrivisti sussidiari” che ci governano continueranno ad affossare milioni di famiglie con i loro super annunci politicizzati e a reti unificate. Smerciare bonus e miliardi durante le gettonatissime televendite sponsorizzate piddì, non è più divertente. C’è chi attende ancora i primi 600 euro e chi aspetta la cassa integrazione di marzo. Intanto, noi operatori energetici restiamo in attesa dei provvedimenti attuativi dell’Agenzia dell’Entrate.
Il Segretario Cittadino della Lega
Arianna Lauriola
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