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Immagine del redattoreComunicato stampa

Lettera aperta al Presidente del Consiglio Conte da parte di Federeventi Confcommercio Foggia

Il sindacato rappresenta imprenditori che si occupano di organizzazione di eventi e servizi alle strutture turistiche. Settori che in questo momento sono fermi e non riescono ad immaginare quando potranno riprendere a lavorare. Lo Stato offre loro la “possibilità” di indebitarsi ma non considera che non lavoreranno per molto tempo, forse un anno o anche più. Fino a quando tutti saranno vaccinati e si potrà tornare a condividere spazi, senza aver paura di chi ci sta vicino. Sono la Presidente della Federeventi Confcommercio Foggia e scrivo a nome di tutte le realtà imprenditoriali che compongono il nostro gruppo. Siamo imprenditori che si occupano di organizzazione di eventi e di servizi alle strutture turistiche. Settori che in questo momento, e chissà ancora per quanto tempo, sono completamente fermi. Raggruppiamo un insieme molto vasto di professionalità che comprende: organizzatori di eventi di promozione del territorio, agenzie di animazione turistica, agenzie di comunicazione, agenzie di management di artisti, wedding, sale che ospitano eventi e ludoteche, dj, ristorazione, costumisti, grafici, fotografi, blogger, uffici stampa, scenografi, allestitori di tensostrutture, attori, scrittori, disegnatori, stampatori, chef, artigiani, creativi. Siamo un piccolo esercito che si muove e lavora per allietare e intrattenere, per promuovere il territorio con tutto quello che di meglio possiede. L’emergenza sanitaria ha completamente azzerato le commesse e la possibilità di poter, anche solo pensare, di proporci a qualsiasi committente – pubblico o privato – per poter svolgere il nostro lavoro. Come noi anche altri settori – ad esempio quello dello spettacolo dal vivo – sono fermi e cosa più grave non riusciamo neanche ad immaginare quando si potrà riprendere a lavorare. Mentre altri settori potranno iniziare un po’ alla volta a riaprire, rispettando le distanze sociali, per noi questo non sarà possibile perché il nostro lavoro accorcia le distanze sociali, favorisce la socializzazione, regala momenti di divertimento e spensieratezza, avvicina al gusto della vita e lo fa utilizzando ogni possibile strumento di coesione. Ognuno di noi ha sempre creduto nel proprio lavoro, facendo non pochi sacrifici per trasformare la propria passione in lavoro. Ora, però, tutti gli sforzi sono stati vanificati. Lo Stato ci offre la “possibilità” di indebitarci (cosa che non tutti potranno fare), ma non considera che non lavoreremo per molto tempo, forse un anno o anche più. Fino a quando tutti saremo vaccinati e potremo finalmente tornare a condividere spazi, senza aver paura di chi ci sta vicino. Ma quanti di noi saranno ancora sul mercato quando questo accadrà? Quanti sogni sfumati, quanto lavoro buttato via, quante speranze infrante. Potremo mai trasformare tutto questo in credito?



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