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Lettera in redazione: riceviamo e pubblichiamo. Un caso personale (e non solo)

Aggiornamento: 25 feb 2022

Riceviamo dall'Avv. Raffaele Sciscio una lunga lettera.

Pur non essendoci mai occupati di vicende legate ad aspetti giudiziari, pubblichiamo la missiva scritta dal principale protagonista.


Care amiche, cari amici,


i fatti: il 26 gennaio 2022, a seguito di esposti anonimi (si fa per dire…) e di indagini della Procura di Foggia per “presunte” irregolarità riguardanti la tecnostruttura del Comune di Peschici, nelle quali non compaio nemmeno di passata, essendovi “assolutamente” estraneo, veniva notificata a me e a mia moglie, collega di studio, ordinanza di misura interdittiva di esercizio della professione forense per un anno, emessa dal GIP del Tribunale di Foggia.

Il reato? Falso ideologico in atto pubblico, in quanto, incaricato di patrocinio dal Comune di Peschici in alcune vicende giudiziarie, ho dichiarato di non trovarmi in caso di incompatibilità con l’Ente rappresentato.

Il 2 febbraio 2022, nell’interrogatorio presso il GIP, che aveva emesso l’ordinanza interdittiva, io e mia moglie abbiamo chiarito le nostre posizioni: all’atto degli incarichi conferiti dal Comune di Peschici, né durante il loro espletamento, esisteva alcun patrocinio contro il Comune medesimo.

A seguito di ciò, il GIP ha revocato la misura cautelare interdittiva.

Epperò, a Vico, dove ricopro la carica di Vice Sindaco, un caso personale e professionale ha assunto la connotazione, che stento a definire ”politica”, da parte di intemperanti giustizialisti e di qualche tardo-epigono (la civile convivenza politica, vanto della nostra cittadina, pur nella diversità delle posizioni e nello scontro, anche aspro, sulla “governance” del territorio, mai era scaduta nella rissa e nell’aggressione personale).

Verrebbe di abbandonare il “bon ton”, se non mi soccorresse l’icastica immagine utilizzata da Nikita Krusciov, all’epoca della “guerra fredda”, che fece il giro del mondo e, secondo gli storici contemporanei, provocò il disgelo nei rapporti USA-URSS e scongiurò il pericolo di una nuova guerra “mondiale”: il “principio della capra”.

Perché non applicare – “si parva licet” - tale principio alle faccende di casa nostra?

I forcaioli “a prescindere” - verrebbe di spiegare - sono tali e quali una capra fastidiosa perché “puzzolente”, e che, tuttavia, bisogna tenere in casa, nonostante il suo odore sgradevole.

È un progresso considerevole - se si vuole - che riafferma l’aureo principio di “sopportare con pazienza le persone moleste”.

Rispondere, dunque, per le rime o vivere con una capra, a patto, s’intende, di non permetterle di stare in cucina? L’interrogativo rimane sospeso.


C’è poi il lodevole, amletico “ragionevole dubbio” di chi lo coltiva, e che provo a riassumere così: “Se uno, passeggiando in campagna, vede in un ruscello un bastone spezzato, non ci pensa due volte, e conclude che quel bastone è spezzato. Se è più attento, però, guardando meglio conclude che quel bastone può sembrare spezzato dalla rifrazione dell’acqua”.

Il bastone è spezzato oppure no? Il “ragionevole dubbio”, comunque, non può essere risolto “con la veduta corta di una spanna”.

“Conoscere per deliberare” è il titolo di una famosa “Predica inutile” di Luigi Einaudi. La “predica”, che non è tale, è un monito, un auspicio: è indispensabile, cioè, possedere un armamentario adeguato di conoscenze sull’argomento su cui s’interviene, per evitare di “deliberare senza conoscere”, che l’accusa si confonda con la condanna e che il “summum ius” diventi “summa iniuria”. E non è forse vero che un processo che si apre (o che si chiude) è sempre un processo ai giudici oltre che agli imputati? Ma torno alla capra: le “eloquentiae iuris” sono dettate da pura vocazione scientifica o, sotto sotto, nascondono la “nobile” intenzione di dare l’assalto, in previsione della prossima campagna elettorale amministrativa, alla “cittadella” del Comune, altrimenti inespugnabile per altra via?

E i “Saint-Just” in salsa vichese sono dunque, esperti di diritto o aspiranti al rovescio? E sono proprio immacolati? E la giustizia non li ha nemmeno sfiorati?

Non sarebbe superfluo riesumare sulla doppia morale i versetti ottocenteschi di un prete (Padre Angius), deputato al Parlamento subalpino: “Padre Angius dal guardo truce/grida ognor si faccia luce/e al proposito fedele/ ruba intanto le candele”?

E la revoca dell’interdittiva non è, per chi riteneva di risolvere in proprio favore le prossime elezioni amministrative di Vico, la fine di un’illusione? E non si calpestano regole elementari di civiltà quando l’avversario diventa il “nemico” da distruggere per via giudiziaria, e si considera l’azione giuridica solo sotto l’aspetto dell’accusa e dell’imputazione e non anche sotto l’aspetto della difesa?

La democrazia, la civiltà, il consenso non si prendono d’assalto, ma sono una disciplina che s’impara. I tredici anni in Consiglio Comunale (mai un incidente di percorso) mi hanno insegnato a diventare capace d’imparare. E di reimparare continuamente.

Certo: “homo sum”, con i miei pregi (pochi) e con i miei difetti (molti) e, nella mia attività amministrativa, non sono mancati disattenzioni, ritardi, obiettivi mancati o non centrati appieno. Ma una cosa m’inorgoglisce: nell’espletamento del mio mandato assessorile non ho mai privilegiato l’amico a discapito di chi non lo era o lo era meno, e l’imparzialità, la lealtà sono state il segno distintivo della compagine amministrativa, senza eccezioni, cui mi onoro di appartenere.


La vicenda personale, professionale e, per sovrabbondanza, politica delle settimane passate, non posso negarlo, mi ha segnato profondamente. I miei sentimenti, in quei momenti di tristezza e di gelo, pur coltivati intensamente, quasi inaspettate virtù terapeutiche riaffioranti, rimangono riservati, conservati come gioielli.

Ma, come non esprimere, a questo punto, infinita riconoscenza al Sindaco (complimenti per la strepitosa riaffermazione alle recenti elezioni provinciali) e ai colleghi amministratori, cui appartengo, che mi hanno dato ripetutamente attestazioni di vicinanza, di solidarietà e di affetto straordinari e indimenticabili?

Un “grazie” di cuore anche e soprattutto agli innumerevoli cittadini (noti e meno noti) che mi hanno manifestato la loro amicizia e il loro incoraggiamento a “non mollare”: pudiche testimonianze di affetto fatte “a ciglia asciutte”, per non cadere nell’ipocrisia delle attestazioni insincere, che leniscono le amarezze.

Vico è un paese meraviglioso, una sorta di “Italia in compendio”, è il paese dell’Accademia degli Eccitati, del primo Cimitero extra-urbano d’Italia, di un centro antico “per amatori”, “con i suoi muri e la sua anima”, delle Confraternite e della Settimana Santa, del leccio del Convento dei Cappuccini che continua a sfidare i secoli, delle pregevoli tele del Vaccaro e del “Parco della Rimembranza” con vista mozzafiato sulla piana di Calenella, delle Torri e dei Castelli, delle sorgenti innumerevoli, della Foresta Umbra e della faggeta di Sfilzi “bene dell’Unesco”, della “Pineta Mazzini” patrimonio nazionale quant’altri mai, dei siti archeologici a più riprese esplorati (Monte Pucci, Monte Tabor, Macchia a Mare, Coppa Cardone, Sfilzi….) e destinati, a ogni campagna di scavo, a sorprenderci sempre più. E ancora, il paese delle arance e dei funghi, degli ottocento telai, dell’accoglienza e dell’amore, del “vicolo del bacio” e di “San Valentino tutto l’anno”, della “Città- Gargano” ideata da Filippo Fiorentino e rianimata da Matteo Cannarozzi, dell’incanto di Calenella e della ridente San Menaio, che legittimamente si propone per il ritorno all’antico splendore, del “principe” dei naturalisti, Michelangelo Manicone e, infine, dei tanti vichesi di tutte le epoche, che hanno onorato - ieri come oggi- Vico e il Gargano in ogni parte del Mondo.

Un “restauro d’atmosfera”, insomma, del nostro territorio è la “stella cometa” che ci deve guidare, con l’aiuto prezioso delle donne e degli uomini di “buona volontà”.

Su queste basi dobbiamo continuare e infittire il dialogo con le istituzioni, provinciali, regionali, nazionali e con i cittadini con rinnovato vigore, evitando il “frou frou” e il rischio di disgregazione. Serenamente. Ma anche senza silenzi e senza “spazi di clausura” “…..e con l’Incanto del terzo occhio, quello che racchiude mente e cuore e che ha intenzione di non firmare alcun atto di resa, ma anche di non cadere nell’inciampo e nell’inganno. Di condivisione abbiamo bisogno, questo sì, ma di cose belle e non ingannevoli” (devo la citazione della favola neo-esopica alla bravissima Rossella Palmieri, La Gazzetta del Mezzogiorno del 20 febbraio scorso.

A proposito, “bentornata Gazzetta!”).

Un forte abbraccio. Lello



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