Gentile Direttore, con l' Augurio di un anno nuovo in salute e serenità per tutti, le invio un articolo che ho scritto su uno dei tanti luoghi della nostra meravigliosa Italia, così ricca di bellezze, cultura e tradizioni, territori a noi vicini che speriamo di poter scoprire o riscoprire presto.
Verso la luce/ percorsi “lucani” ... È qui, da queste creste inchiodate al cielo, che spiccano il volo angeli e streghe all'inseguimento dei falconi, principi delle vette, sul confine incerto fra la veglia e il sonno. (Mimmo Sammartino, Vito ballava con le streghe) Lucania, altro e originario nome della Basilicata, che in tempi lontani aveva confini diversi dagli attuali, deriva dal latino lucus (bosco consacrato). Ancora oggi rimane preponderante il carattere boschivo di questa terra, con i suoi Parchi nazionali e regionali e le tante Riserve naturali che abbracciano gran parte del suo territorio. È anche vero, però, che la matrice di lucus è lux (luce) e, a questo punto, sembrerebbe crearsi una contrapposizione tra “la luminosità” espressa nella radice primaria e “l'ombra”, che è la naturale condizione del bosco. L'obiezione può essere però superata da un ulteriore e più profondo significato di lucus, che riguardava una zona aperta e luminosa del bosco, una piccola radura destinata al culto e ai sacrifici. Lo stesso termine, pertanto, richiama l'ombra e la luce, il chiaro e lo scuro, superando antitesi che vengono mediate in un contesto sacro. Si potrebbe pensare che, da millenni, questa terra di boschi e la sua gente abbiano presente già nel loro nome l'immersione in una natura che viene vissuta con religiosità (e di questo danno testimonianza molti riti di origine arcaica legati agli alberi e ai boschi), oltre ad una naturale aspirazione alla luce. Una luce considerata nel suo aspetto sacrale in quanto viene dall'alto e richiama verso l'alto, non appartiene alle cose del mondo ma alla sfera celeste. Pensando al territorio lucano molto ci parla di una sua propensione morfologica verso l'alto, quasi un volersi staccare dalla terra, utilizzata nei secoli per motivi strategici o difensivi o strutturali, ma che di fatto realizza un' elevazione verso la luce del cielo. La stessa città di Potenza, capoluogo regionale, è una città verticale che si dipana in un crescendo di salite e scale mobili che tendono a raggiungere il suo centro storico posto a 800 metri s.l.m. E qui l'attesa di chi sale a piedi viene premiata dalla suggestiva vista del prospiciente crinale montagnoso che talvolta si erge al disopra di un nugolo di nubi basse che sembra quasi di toccare. O dall'aria e dall'atmosfera particolare che si respira nelle sue vie e viuzze intorno al Duomo di San Gerardo, a Piazza Mario Pagano, o ai tanti scorci caratteristici. Ma, rimanendo su tracce che portino il più in alto possibile, il percorso lucano conduce inevitabilmente a una trentina di chilometri da Potenza, al cospetto delle piccole Dolomiti lucane, uno spettacolare esempio di ascensione del territorio dove ben presto però ci si accorge che l'aspirazione alle altezze è declinata sotto altri importanti aspetti. Su rocce arenarie dell'era miocenica, sospesi in una dimensione irreale che non appartiene più alla terra, ma che, pure nella sua penetrante tensione, non riguarda ancora il cielo, i due paesi di Castelmezzano e Pietrapertosa si presentano come diademi incastonati nei massi e nei pinnacoli che li incoronano. L'impressione che si trae dall'incredibile scenario naturale che li circonda è che una parte della terra, che quindici milioni di anni fa apparteneva al mare, abbia voluto emergere e trovarsi qui ad aspettare la Storia e quella parte dell'umanità che le dessero un senso vivo e con le quali inscindibilmente congiungersi. Qui viene testimoniata al mondo, più che in altri luoghi, la felice e naturale osmosi tra l'uomo, creatura mortale e bisognosa di protezione, e la roccia immortale ed eterna. Una roccia che ripara, abbraccia e gradatamente si fonde con l'abitato e la sua vita, cedendo a questi una parte della sua eternità e assumendone in cambio una parte mortale, diventando casa essa stessa.
Ed è un senso di eterno che si riflette nel lento e cristallizzato fluire del tempo sulle piccole Dolomiti lucane e nei suoi luoghi incantati. La prima di queste località è Castelmezzano, un paese di circa 800 abitanti, a pieno titolo uno dei “borghi più belli d'Italia”. Di più : è stato definito da un importante magazine statunitense, Budget travel, il posto più bello al mondo tra quelli sconosciuti. Difatti, sulla balconata panoramica davanti alla chiesa di S. Maria dell'Olmo, l'abbraccio fiabesco del paese, tra vette, anfratti e dirupi, alle maestose cattedrali di guglie rocciose, fa vivere una sensazione profonda che apre il cuore e vi trasferisce un'immagine che rimarrà indelebile anche nel visitatore più distratto. Castelmezzano è sorta intorno al 900 d.c. dall'esodo degli abitanti di Maudoro, “mondo d'oro”, una località fondata nella valle del Basento da coloni greci intorno al VI secolo a.c. Per sfuggire alle incursioni saracene che dilagavano nella valle essi si spostarono in un luogo non lontano, inaccessibile e fortificato in maniera naturale dalle montagne, seguendo l'esempio di un pastore, Paolino, che con il suo gregge fu il primo a insediarsi tra questi fortilizi di pietra. Paolino trovò qui un piccolo paradiso, acqua sorgiva e abbondanti pascoli per le sue bestie, e soprattutto un importante arma contro gli invasori : gli imponenti massi che potevano essere fatti rotolare dai costoni per tenerli lontani. Questa memoria storica, tramandata in maniera viva di generazione in generazione, ha fatto sì che nel dialetto locale le rocce vengano chiamate “arm” , come dire che la loro funzione difensiva originaria si è sostituita al nome proprio ed è diventata nome essa stessa. La scelta, da parte degli abitanti, di legare i massi rocciosi a quelle che erano le antiche esigenze della popolazione rivela un grande amore per le origini e un alto riconoscimento e senso di gratitudine per queste montagne. E nel nome dell'arm, da quasi vent'anni, qui si promuove un importante evento regionale : l'assegnazione del Premio “L'Arm d'argento” a una personalità o ad un'istituzione lucana che si è particolarmente distinta nel settore di appartenenza. Ma il suo nome Castelmezzano non lo deve a quei primi abitanti che vi trovarono riparo, bensì ai Normanni nell'undicesimo secolo, che assicurarono al paese un periodo di pace e stabilità e un rafforzamento delle difese contro i nemici con la costruzione di una fortezza, i cui ruderi oggi dominano l'abitato e sono raggiungibili attraverso uno scenografico percorso naturale. Castrum medianum era il suo nome da cui deriva quello attuale, cioè “Castello di mezzo” (tra quello di Pietrapertosa e quello di Albano di Lucania, o di Brindisi di Montagna). Dal Castello fortezza, poi, una stretta scala scolpita in una roccia, la scalinata normanna, arriva a quasi mille metri, punto di avvistamento e osservazione privilegiato con una estesa visuale della valle del Basento. Il nastro dei gradini, scavati in uno degli ultimi lembi di pietra protesi verso l'alto, può ancora essere percorso con le dovute protezioni, come se quella scala, anticamente realizzata per motivi strategici, oggi possa costituire un elemento di congiunzione con l'alto per chi vi sale con i piedi assicurati alla terra e gli occhi e la mente librati nel cielo. Per le sentinelle normanne dell'epoca cos'altro avrebbe mai potuto realizzare la mano dell'uomo per osservare da vicino il volo dei nibbi e dei falconi, oltre quella stretta salita da cui presidiavano il territorio? Sicuramente nulla... e non avrebbero immaginato che un millennio dopo qualcuno sarebbe stato capace di riprodurre tra queste vette... il volo, proprio quello dei nibbi e dei falconi... o degli angeli. È dal 2007 che un progetto all'avanguardia offre la possibilità di percorrere in volo, imbracati e agganciati ad un cavo di acciaio, la distanza in aria di un chilometro e mezzo tra una cima di Castelmezzano e una di Pietrapertosa, e viceversa, a circa mille metri di altezza e quattrocento dal suolo, raggiungendo la massima velocità di centoventi km orari. Sopra boschi, rocce dai profili animali, sorgenti e corsi d'acqua, a braccia aperte come un angelo... il volo dell'angelo, appunto, che qui richiama ogni anno da maggio a ottobre migliaia di presenze. Ma anche altri voli ammaliano i turisti amanti della cultura popolare in un paese magico come questo. Oltrepassando la Chiesa di S. Maria dell'Olmo e avviandosi fuori dall'abitato, si scoprono storie fantastiche, tramandate dalle vecchie generazioni, che parlano di creature che condividevano le altezze del cielo con angeli e falconi... ma come presenze oscure e maligne : le masciare, le streghe. In questi racconti si descrive come esse, cospargendosi di un olio magico e pronunciando un'antica formula rituale, spiccassero il volo in groppa a cani bianchi, alla ricerca di uomini e donne da attrarre e fascinare con i loro sortilegi. Con un'operazione culturale molto interessante questa parte vitale delle radici popolari è stata impressa nel territorio, affinché la si possa conoscere o rievocare. Tra Castelmezzano e Pietrapertosa, utilizzando un antico sentiero di collegamento tra i due paesi, è stato realizzato il Percorso delle sette pietre, un cammino sensoriale segnato da suggestive pietre monolitiche e attinto dal libro di Mimmo Sammartino, Vito ballava con le streghe, che esprime la poesia e il fascino di antiche leggende raccontate dai vecchi attorno ai focolari. Sette tappe scandiscono il percorso : Delirio, Ballo, Volo, Streghe, Sortilegio, Incanto, Destini, e ad ogni tappa sono collegati dei sensori fonici che, nel silenzioso del bosco o del paesaggio, diffondono voci arcaiche e suggestive... Sette capitoli di pietra che si dipanano tra alberi, cerchi magici, archi attraverso i quali sembra di superare dei confini, così come dal passaggio del ponte romano si attraversa il confine territoriale tra i due paesi... e ancora discese e salite che raccontano una storia : ... C'è una storia di pietra che è lunga duemila metri e molto di più. Il suo passo porta il fruscio dell'erba, le musiche dei fiori e dei ruscelli e il ritmo di ogni sasso perché questa è una storia impastata di acqua e di terra, di voci e di altri incanti. Per chi vuole ascoltare le pietre raccontano... La storia è quella di Vito, un contadino che ha avuto una fascinazione dalle streghe, dalle quali è stato rapito e coinvolto in un ballo frenetico, e conosce la magica esperienza del volo e altro ancora, andando incontro al suo destino... Alla fine del percorso non possono che tornare in mente gli antichi versi, più volte ripetuti negli incantamenti della storia : Haia scì nda nu vosch strem' / ndo nun si senton' / né campan' d' sunà / né cristian' d' passà / né gadd' d' cantà. (Devi andare in un bosco remoto / dove non si sentono / né campane suonare / né persone passare / né galli cantare.) Tornando in paese con l'anima piena di suggestione si può comprendere come tanti turisti siano stati richiamati qui dalle bellezze naturali del luogo, dal Volo dell'Angelo, dal Percorso delle sette pietre e da altri eventi tradizionali e spettacolari. E molti si fermino... e qualcuno scelga di rimanere. Nelle vie e viuzze del paese, linde e pulite, l'anima castelmezzanese si rivela anche attraverso gli odori e i sapori della tradizione : i peperoni, che, seccati al sole nella bella stagione, poi verranno fritti e diventeranno cruschi, indispensabile complemento di tanti piatti locali, o le crostole, un dolce di strisce di pasta fritta dai semplici ingredienti... ma che solo mani sapienti sanno rendere in tutta la loro genuina bontà. All'esterno di alcune abitazioni si notano ancora i forni in cui la famiglia cuoceva il pane. La cultura del grano e del pane era l'elemento portante di questo mondo contadino, imprescindibile anche sulle tavole più povere. Il salario giornaliero del bracciante o dell'operaio veniva sempre commisurato al costo del pane, e nell'immaginario popolare per indicare gli stati di abbondanza, o di privazione e disgrazia, veniva sempre richiamato il pane. Il ritornello di un'antica canzone tradizionale lucana, volendo esemplificare la disperazione, dice : ... Nun vole fa cchiò notte e jurne / s'è nchiummate lu pane nta lu forne... (... Non vuole più far notte e giorno / si è fatto piombo il pane nel forno.) E il pane realizzava anche dei legami nella comunità. Non si pensava solo a prepararlo per la propria casa, ma poiché il profumo del pane cotto si spandeva nelle viuzze e attirava i vicini, si cuoceva sempre qualche pagnotta o qualche focaccia in più... Questi erano i tempi del profumo dei forni... Si affacciano alla mente i versi semplici e immediati di una poesia di Rocco Scotellaro, scrittore e poeta lucano, che nella sua breve vita è stato vicino ai braccianti, ai contadini, alle classi più umili : ...Torna, è ora che assaggi molliche di pane, / l'odore dei forni come te lo manderemo?.... (America scordarola). Tornando nella Storia il pane era anche uno degli elementi della carità di un importante Ordine religioso cavalleresco, nella cui Regola era prescritto di dare ogni giorno la decima parte del pane in elemosina, i Cavalieri Templari, che si pensa avessero qui una magione lungo la loro marcia verso la Terra Santa. In tal senso vi sono importanti testimonianze, a cominciare dalla piccola effigie della Madonna della Stella mattutina nella Chiesa di S. Maria dell'Olmo, Madonna per la quale i Cavalieri Templari avevano un grande culto. L'effigie è stata realizzata nel 1117, proprio negli anni in cui veniva costituito il primo nucleo dell'Ordine Templare. E, sempre nella stessa Chiesa, si è scoperta un' architrave con una Croce attribuita ai Templari che, con con questo e altri simboli, testimoniavano la loro presenza nei luoghi. Inoltre lo stesso stemma del Comune di Castelmezzano riprende “il sigillo templare” di due Cavalieri sullo stesso cavallo. Ma questa riproduzione è stata fatta in maniera diversa e interessante rispetto all'originale che riportava allineati due Cavalieri dello stesso Ordine. Nello stemma cittadino, invece, uno dei due Cavalieri è Moro ed è rivolto all'indietro. Poiché in tanti abitanti si è persa la memoria storica della differenziazione, pare questo quasi un segnale che si riallaccia, in conclusione, a quella dualità richiamata nello stesso nome della Lucania... il chiaro e lo scuro, l'ombra e la luce, due aspetti che convivono e si valorizzano a vicenda perché non esisterebbero l'uno senza l'altro... il Cavaliere che guida e l'altro, di diversa razza, che guarda le spalle... ed entrambi condividono lo stesso cavallo.
Maria Carmela Mugnano
Ringrazio : Il Gruppo Creativo Rossellino di Potenza, grazie al quale è iniziata questa avventura ; Patrizia Ruggiero Di Giovanni, di Potenza (B&B Dolcedorme), per la documentazione e il gentile ed entusiastico supporto; Michele Soldo, di Castelmezzano, musicista, compositore, Presidente dell'Associazione “La contemporanea” promotrice del Premio “L'Arm d'argento”, guida preziosa nel Percorso delle sette pietre e nella scoperta del borgo e delle sue tradizioni; La Cittadinanza di Castelmezzano, per l'accoglienza e la familiarità dimostrate.
Comentarios