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Faccia a faccia con l'artista: Marcello Aguiari e il suo "Gargano felix"

Marcello Aguiari lo incontro per motivi di lavoro, per organizzare una mostra, per discutere di arte ma anche perché nel suo «fare» quotidiano c’è più di qualcosa da raccontare.

Due battute, quasi un botta e risposta con l’autore più eccentrico e istrionico del momento.


Cosa hai «combinato» con questo tuo ultimo quaderno?

«Gargano felix rappresenta un passaggio (...come la fine del romanzo...) emozionale ed è per me un punto di attraversamento, un bilancio. Quasi un testamento, spero prematuro.»


Cosa ti ha spinto a dare vita ad un’altra creatura artistica?

«I cenni medievali, numerosi, chiari e nascosti, nelle foto e nelle didascalie, mostrano il desiderio di un ritorno all'essenziale. Ma non solo.»


E quindi?

«E quindi poi c'è l'impegno politico, civile, e ciò che non va, il brutto e la volontà cieca ed utopica di cancellarlo e sostituirlo con la bellezza, che pure c'è.»


Quindi la bellezza esiste?

«Si, anche sotto le sembianze della follia. Esaltazione? Quando mi diedero per la prima volta del visionario il mio ego ringraziò quasi commosso: lo faceva una persona cui insegnai a comunicare con la fotografia.»


Parlami della citazione finale del libro.

«Alla fine vi è la citazione di un libro famoso ed importante che narra di nebbie e di memoria, di atmosfere medievali, di amore e di tradimenti, di draghi e

di passaggi.»


Che vuoi dirmi?

«Voglio dire che Gargano felix è anche questo, è territorio, è sud, è Foggia, è il mio paese...e tutto ciò si è infilato dentro la mia anima...consiglio di perderci del tempo, nelle foto, nelle didascalie.»


Ascolterò il tuo consiglio.




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