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Teresa Maria Rauzino

Una vita per il giornalismo

Pubblicato, a cura di Giuseppe Maratea, il volume che raccoglie gli articoli più significativi del grande giornalista originario di Vico del Gargano (FG)


“Una vita per il giornalismo. Francesco Maratea, tra Aventino, Liberazione e tempi nuovi” è il volume curato da Giuseppe Maratea che vuole strappare dall’oblio e dalla dimenticanza l’opera di suo zio, Francesco Maratea, un giornalista di valore che segnò per un cinquantennio la storia del quotidiano “Il Messaggero” e non solo.

Scrive in premessa Giuseppe Maratea «Ho (ri)letto un migliaio di articoli di Francesco Maratea e, a malincuore, per questa silloge, ho dovuto ridurne il numero. La selezione degli scritti apparsi, salvo diversa indicazione, nel “Messaggero” nell’arco di mezzo secolo (1922 – 1972) e scritti, per lo più, nell’immediatezza degli accadimenti, sul “tamburo”, come si diceva un tempo, appartiene a me e, naturalmente, è opinabile. Non saprò mai, purtroppo, se essa sarebbe stata approvata dall’Autore. Gli articoli di giornale sono come la rosa di Malherbe e, come tutte le rose, durano lo spazio di un mattino. Ho l’ambizione (l’illusione?), però, che raccolti in un volume, possano resistere un po’ di più».

Un proposito apprezzabile, visto che Francesco Maratea ebbe in vita riconoscimenti di livello internazionale (Premio De Gasperi- Gruber) oltre che nazionale. Nel 1965 gli fu assegnato il premio giornalistico italiano più ambito, il “Saint Vincent” e a consegnarglielo fu il presidente della Repubblica Saragat.

Gino de Sanctis sul “Messaggero” del 17 novembre 1966 scrisse un reportage dell’evento un po’ fuori dalle regole di una cronaca ufficiale:

«Con la breve e assai ristretta cerimonia, la Val d’Aosta ha voluto fosse sottolineata l’importanza nazionale e internazionale di quello che è ormai considerato il massimo premio riservato ai giornalisti. La udienza particolare concessa dal Capo dello Stato è stata il più alto riconoscimento. A un eminente collega de “Il Messaggero”, Francesco Maratea, è andato il premio più vistoso e importante: quello di tre milioni di lire riservato, come dice la motivazione, «a quel giornalista professionista che abbia contribuito alla dignità del giornalismo italiano». È una dignità, vogliamo aggiungere, fatta di riserbo, di autentica e schiva signorilità. Vogliamo svelare infatti, una tantum, ai nostri lettori che a Francesco Maratea son dovuti non solo gli esatti e vivaci resoconti delle conferenze internazionali di massimo livello, ma anche, e molto più di frequente, gli articoli di fondo, anonimi per consuetudine di questo giornale, che trattano di politica internazionale e che, nel giro di una colonna o poco più, scrutano i più inquietanti e appassionanti panorami: quelli della pace e della guerra, della faticosa costruzione della nostra Europa, dei rapporti di forza delle grandi Potenze, dell’instabile equilibrio fra le Nazioni. In Francesco Maratea “Il Messaggero” ha un columnist di prima grandezza che nulla ha da invidiare ai più celebri del giornalismo mondiale: la verve della esposizione, la felicità delle immagini e l’eleganza del periodare non sono orpelli per coprire l’incertezza di un giudizio generico e adiaforo, ma rivestono, anzi per voluta modestia velano un’informazione di prima mano, un’acutezza d’osservazione a volte profetica, una intransigenza sui principi basilari della convivenza fra le Nazioni: dove la difesa della pace non è tema d’obbligo, adeguamento al coro più o meno sincero, ma passione vissuta, sofferta, non disgiunta da un vivo sentimento della giustizia e dell’onore, da un amore sincero per quei valori universali di civiltà, di umanità, di libertà che sono e debbono restare patrimonio inalienabile del consorzio umano. Questo è Maratea, nel suo contatto col pubblico, un contatto che senza retorica può chiamarsi missione. Ma noi che quotidianamente e da tanti anni gli siamo accanto, conosciamo di lui qualcosa di più, e d’altrettanto prezioso: conosciamo la forza giovanile che emana dalla sua età avanzata, il sense of humor che sempre interviene a moderare le posizioni eccessive e a smorzare i drammi, il sentimento fraterno della fedele amicizia. Per anni e anni, fin da quando si mordeva il freno sotto un regime liberticida, il suo studio, qui al giornale, è stato il centro di pensieri e di incontri, di scambio di idee e di propositi».

Quali i temi scelti dal curatore Giuseppe Maratea?

«Il “vecchio Gargano” malioso e labile come un sogno; alcune figure egemoni del secolo scorso, colte nei momenti di massimo splendore o di ineluttabile decadenza; i resoconti dell’inviato speciale alle conferenze internazionali con la partecipazione dei grandi della Terra; gli “editoriali” che scrutano i più inquietanti e appassionanti panorami: quelli della pace e della guerra, della faticosa costruzione dell’Europa e dell’instabile equilibrio delle Nazioni; gli anniversari che hanno segnato la Storia del nostro Paese; le testimonianze al “processo Matteotti”; e altro ancora».

Un libro che si preannuncia ricco di sorprese di sconcertante attualità per chi vuole scoprire la geopolitica e i suoi equilibri. Un libro che consigliamo di leggere agli appassionati di storia italiana e di microstoria garganica-transadriatica.


Teresa M. Rauzino

L’articolo è stato parzialmente pubblicato su “L’edicola del sud” 3 luglio 2022



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