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400 ANNI dall’Assalto Turchesco di Manfredonia

400 ANNI dall’Assalto Turchesco di Manfredonia 16 agosto 1620 – Alcune note inedite.

La nuova sulla tragica distruzione subita da Manfredonia fra il 16 e il 18 agosto di quattrocento anni fa, arrivò al Papa Paolo V attraverso i dispacci giornalieri, che la Nunziatura di Napoli inviava alla Segreteria di Stato. La successione delle notizie pervenute, si rinviene nel volume delle minute di riposte: in data 26 agosto Habbiamo inteso con molto dispiacere lo sbarco dell’Armata Turchesca in Manfredonia. In quella del 28 agosto Lo sbarco dell’Armata Turchesca in Manfredonia sentì con particolare dispiacere ma hora è carinissima la nuova che V.S. ci da che sia partita da quel luogo, et piaccia al Signore Dio che si sia già ritirata in Levante senza fare altro male.

Il papa rende partecipa, per tramite del responsabile della Nunziatura di Napoli, al viceré cardinale Borgia (di recente nominato in sostituzione del duca d’Ossuna), i sentimenti di dolore provati per il tragico assalto da parte della flotta turchesca alla città di Manfredonia; fatti sui quali era stato informato anche attraverso un rapporto del rappresentante dello stesso viceré presso la corte del Papa.

Nel mese di settembre corre voci sulla presenza di una flotta navale ottomana, con un numero maggiore di navi di quelle che, presero parte all’assalto di Manfredonia; voci che si susseguono e al tempo stesso smentite, fino a quando a fine settembre non si ha certezza che la flotta faceva vela verso Costantinopoli.

Con l’arrivo del nuovo viceré il cardinale Borgia, iniziava una fase di apertura da parte della corte spagnola, nei riguardi della repubblica di Venezia che, dominava l’Adriatico. Tuttavia a Roma non si dormivano sonni tranquilli: sussisteva il timore che acciò i Turchi non venghino a fare qualche sorpresa, minacciando per quanto s’ha avviso da diverse parti alla Santa Casa di Loreto per dove non si lascia di fare le debite provvisioni. Intanto si attendeva che Filippo III di Spagna tenesse conto di ripristinare i danni subiti dalle città costiere del regno di Napoli e dello stato della chiesa come avevano promesso il cardinale Zapata, nella sua visita al pontefice, prima di recarsi a Napoli come nuovo viceré dopo la breve permanenza del Borgia presso la corte napoletana.

Con questi brevi tratti, le relazioni diplomatiche dell’epoca, riportano la vicenda dell’assalto Turchesca di Manfredonia, ampiamente documentato attraverso le relazioni dell’epoca come quella di un anomino, quella redatta da un Capitolare della città (con ogni probabilità in Vicario Generale) inviata all’Arcivescovo Annibale Serugo de Gimnasiis, quella redatta da Antonio Nicastro Sindaco Apostolico, su incarico di Padre Gabriele da Cerignola, cronista della monastica Provincia Cappuccina di Sant’Angelo. La cronaca dell’eccidio di Manfredonia fu poi ripresa nei loro testi da Marcello Cavaglieri (1649-1705) Il Pellegrino al Gargano e da Pompeo Sarnelli (1649-1724) Cronologia de Vescovi e Arcivescovi Sipontini.

Le Carte Diverse della Nunziatura di Napoli ci restituiscono altre notizie sull’assalto e la distruzione subita da Manfredonia per opera della flotta ottomana in quel lontano 16 agosto del 1620. In particolare sono lettere partite da Napoli, indirizzate al cardinale Farnese fra il 25 agosto e i primi di settembre.

Alessandro Viustini/Vastissi, nella missiva indirizzata al cardinale Farnese (8 settembre 1620), rappresenta gli avvicendamenti in corso nella capitale a seguito dell’arrivo del nuovo viceré Borgia, con un riferimento a Lelio Brancati cavaliere di Malta, che ebbe un ruolo decisivo nel rappresentare al re le precarie condizioni della difesa costiera, conseguenti alla politica del duca di Ossuna, il quale aveva sguarnito di artiglierie le fortezze e armare i suoi galeoni. Fra l’altro egli fa riferimento a una distinta relazione e a un’altra fatta da un amico virtuoso.

Sotto la data del 25 agosto, 1620 scrive: La novità occorsa al presente in parte di questo afflitto Regno…, il giorno della Domenica 16, del corrente dopò la solennità della Gloriosa Assuntione della Regina del Cielo nostra Signora, Comparve nel mare Adriatico golfo guardato dalli Veneziani, et precisamente à Manfredonia città in terra di Bari l’armata Ottomana di 50 vele et havendo sbarcata molta gente entrorno nella Città, et la sachegiorno si può dire, perche fecero preda di poco meno di cento anime, spianorno tutti lì pochi Conventi de Religiosi, cioè de Monache di S. Chiara, de Padri Agostiniani, et Padri Capuccini, con distruttione di tutte le cose sacre et entrati nel Castello subito dattogli, da quel Castello portorno via più di 500 cantara di polvere 3000 palle di ferro, et gran quantità di micchi, etc., pezzi tra grossi mediocri, et piccoli d’artigliaria, oltre à migliaia di tumula di grano trovati colà infossati. Il giorno seguente capitolava il castello, la resa portò in salvo coloro che si erano rifugiati nella fortezza, i patti furono rispettati, il castellano fu subito lasciato andare, le monache da una infuori non furno molestate, et questa sig.ra per esser di corpo bellissima fu portata via intatta dicono per farne dono al gran Signore. I turchi portarono via tutto quanto avevano fatto bottino e quanti caduti nelle loro mani, prigionieri in città e nei casali. Il Castellano (Fernando de Velasco) per ordine del Sig. Cardinale sarà portato qua carcerato e castigato della sua fellonia. Circa il bottino razziato dagli ottomani, spiega il perché nel castello si trovasse un così ingente quantitativo di polvere da sparo destinata alle forze imperiali. … fu portata dalli Uscochi, che già ha avvisata V.S. Ill.ma che qui erano trattenuti dal V. Duca d’Ossuna, alcuni mesi sono, et per ordine di detta Eccellenza inviata all’Imperatore, et perché trovorno l’armata Veneziana poco discosta dalla detta terra di Manfredonia, temerno che non ci fosse tolta detta polvere et risolsero di metterla dentro detto Castello. Chiarisce al suo interlocutore, come l’armata ottomana possa aver avuto una certa mano libera nelle incursioni sulle coste del regno: Con questa armata Ottomana li vanno certi schiavi, che qua erano molto cari al detto Duca…, et vogliero che da questi schiavi il Bassà di detta armata generale sia venuto a tentare questa preda andandoci anche un renegato della stessa terra, la fortuna loro è stata, che tutte le galere nostre si trovavano a Messina…, tanto maggiormente che li detti schiavi sono informati che il Sig.r Duca di Ossuna per armare li suoi galeoni sforzi quasi tutte le fortune del Regno d’artigliaria.

Una breve nota di Possidonio Memmoliti (25 agosto 1620) riporta in modo succinto i fatti occorsi in Manfredonia; emergono però alcuni particolari: le galee facevano base nell’isola di Navarino (Grecia), la presenza alcune spie de l’armata nimica che van lì con destrezza l’informò i turchi …in Castello ch’erano per quello che se dice da 600 anime che le altre com’ho detto s’erano salvate hanno pigliate da duo cento persone la maggior parte gente vecchie, et inhabile, et la maggior parte della monitione stava riposta. Informa il destinatario della missiva delle decisioni prese dal viceré, il cardinale Borgia quale ha già dato ordine per hora che se appicchi il Capitano (il Governatore Antonio Pérez) che uno spagnolo et il Castellano ha ordinato che venghi in custodia carcerato qui.

Privi di riferimenti topici sono i fogli che costituiscono il documento inviato dalla Nunziatura di Napoli Relazione del viaggio fatto dal Sig, D. Ottavio d’Aragona, quando condusse il Duca d’Ossuna con sei galere per andare da Napoli a Barcellona partito alli 14 di giugno 1620, et del Sacco dato dall’armata Ottomana alla Città di Manfredonia in Puglia, alli 17 agosto 1620.

La prima parte della relazione narra del viaggio in Spagna del duca d’Ossuna accompagnato dal suo ammiraglio Ottavio d’Aragona, la seconda parte dell’assalto alla città di Manfredonia. Dalla lettura del testo si traggono altre informazioni di dettaglio sulla portata dell’evento:

havendo la detta armata sbarcati in terra molti Turchi ch’entrorno dentro della detta Città, quali in un subito fecero preda di molte anime, e sacheggiorno tutta la detta Città … il botino importare 200/m docatili Turchi doppo haver smantellati li luochi pii, et arubbate le cose sacre, entrorno dentro del castello per fellonia, et dapocagine del Castellanoa devastare il Castello, portorno via una gran quantità di polve, che avvisasi esser stata da 700 Cantara, 3000 palle di ferro, et molti fassi di micchi, le quali robbe di munitione furno lasciate nel detto Castello l’anno passato da certi Uscochi, che il Duca d’Ossuna confidò per mandarle all’Imperatore, sopra d’una nave, e fu perché intesero che l’armata Veneziana si trovava ivi poco discosta, et temendo che non abbrucciasse la detta nave si risolsero di metter dentro nel detto Castello tutta la detta polve, palle e michio… portorno via sino le campane delle Chiese, eccetto due grosse che non potero levare e quel che più importa l’artigliaria del Castello consistente in undeci pezzi, et sei della Città,… che il Duca d’Ossuna haveva sfornite quasi tutte le fortezze del Regno per armare li suoi Galleoni, e fu mala fortuna della detta povera Città che si trovò Castellano un spagnuolo del detto Castello huomo di nissun valore, et Governatore di detta Città un’altro spagnuolo creato del Sig. Don Bernardino di Cordova, huomo ordinario, quali non fecero risistenza alcuna,…, se bene il Castellano poteva et doveva combattere mesi e non giorni per salvare della fortezza, et le persone che ivi s’erano ricoverate, poiche oltre la munizione che vi teneva di militia, come si è detto, vi si trovavano dentro più di mille tumula di grano, che con il mulino che vi era, forno, legno, vino, Aqua et ogn’altra cosa necessaria all’humano vitto per le quali poteva defendersi molto bene et resistere per un pezzo al barbaresco furore, che fratanto dal sig. Don Francesco Caraffa Vicerè di quella Provincia haverebbe prestato aiuto in modo che l’armata si sarebbe ritirata, come poi sortì… li renegati che furon portati carcerati dentro questo castello novo con il Castellano et Governatore della detta afflitta Città, quali con molta diligenza sono custoditi, et si dubita, che al Castellano sarà tagliata la testa per esempio d’altri, se bene il Governatore si difense dicendo, che in quegli impeti dimandò aiuto al castello, et che glieli negò, la causa loro è stata dellegata al Consigliere Salines, il quale ci attende con ogni assiduità, et da esso si spedirà di giustizia.

Dal contenuto delle relazioni, l’estensore fa notare le responsabilità dirette del Castellano D. Fernando de Velasco e del Governatore D. Antonio Pérez per aver abbandonato nelle mani dei turchi la città senza opporre nessuna resistenza; fatti per i quali entrambi furono incriminati di fellonia, condotti a Napoli processati, senza subire condanna alcuna. Emerge ancora la responsabilità politica del duca d’Ossuna, artefice di una strategia ostativa nei riguardi di Venezia, che dominava sul mare e una contemporanea apertura nei riguardi dei Bassà ottomani. Accusato di responsabilità politiche e di ambizioni personali nella sua gestione del vice regno, fu richiamato in Spagna e sostituito dal Cardinale Gaspare Borgia.

A.A.V. Segr. Stato, Napoli vol. 323 ff.337-340 e 360

A.A.V. Arch. Nunz. Napoli Carte Diverse vol. 585

Nicola Parisi




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