Il 17 novembre 2020 ricorrono cento anni dalla scomparsa di uno scrittore vichese; si chiamava Antonio Maselli, nato a Vico del Gargano il 7 febbraio 1851 e morto il 17 novembre 1920. Tra le sue opere più importanti ricordiamo «Scene garganiche ovvero La figlia di Maso», pubblicata a Napoli nel 1898. Di seguito riporto un brano tratto da questo romanzo, in cui Maselli parla del colera. Seppure in tempi diversi e con cure lontane dalle nostre, se ne evince il dramma che colpì un popolo intero.
Scrive Maselli: “Dopo la guerra, se ne venne il colèra.(…) Vico fu tutta sossopra, con quel panico che può solo riscontrarsi negli abitanti di una terra che sta là là per essere presa d’assalto. I pubblici negozi vennero chiusi; le autorità cittadine disperse e fuggite in campagna; i medici del comune apparivano di rado e di sfuggita (…); il popolo sbigottito, incapace e svogliato al lavoro, era rimasto attonito spettatore della scena miserevole di morte. Altri non uscivano più di casa, altri facevano gli atti di religione caduti in ginocchio nelle chiese, ed altri infine andavano a nascondersi nelle felci più in vicinanza del paese, perché s’era detto, e si riteneva per certo, che esse avessero il privilegio e la virtù di preservare dal colèra. (…) Nel mese di giugno, il colèra infierì e crebbe: innumerevole era il numero degli attaccati: i morti segnavano la cifra di trenta e trentatré al giorno. Le strade del paese spopolate e deserte; nella notte, in diversi punti, accendevano legna e frasche resinose, perché - dicevano - in tal guisa veniva a purificarsi l’aria dell’infezione colerica. Fuori dall’abitato poi, in qualche casetta (…), si praticavano le disinfestazioni, facendosi dei suffumigi a’ forestieri che giungevano in paese; ma tai cose si eseguivano in un modo così barbaro e strano che que’ poveretti uscivano di là quasi soffocati e mezze morti. Ai 2 di luglio dello stesso anno, giorno sacro alla Madonna della Libera, il colera cessò, come per incanto: né ci furono altri morti, né altri nuovi casi. I cittadini parvero rassicurati, sicché si aprirono i negozi, e ben tosto il paese ritornò alle faccende e agli affari della vita ordinaria come prima”.
Non dimentichiamoci di questo scrittore: si è preoccupato in qualche modo di raccontare “scene garganiche”, quindi la nostra storia, la nostra identità. La tutela, la bellezza e il futuro di un territorio passano anche da queste pagine, che sarebbe necessario e urgente poter ritrovare in libreria. Come pure, sono certo che dopo questi giorni complessi a causa dell’epidemia che sta sconvolgendo le nostre vite, “ben tosto il paese”, il Gargano, ritornerà “alle faccende e agli affari della vita ordinaria come prima”.
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