L’intera redazione del quotidiano l’Attacco esprime sconcerto e sdegno per le parole diffamatorie pronunciate la scorsa settimana, nell’audizione in Commissione parlamentare antimafia, dal procuratore capo della DDA di Bari Roberto Rossi nei confronti di questo giornale, che nel corso della propria storia, lunga ormai 17 anni, ha sempre scritto di quella che oggi viene definita Quarta mafia, facendo nomi e cognomi, talvolta in splendida solitudine, e raccontato l’evoluzione dell’antimafia sociale e le sue sfaccettature, l’azione della società civile e delle associazioni.
Anche le precedenti testate fondate dal direttore Piero Paciello avevano sempre avuto la medesima stella polare, in decenni in cui l’attenzione dell’odierna Squadra Stato non era sufficientemente rivolta a quanto stava avvenendo in territorio di Capitanata, tanto che alcuni dei suoi più autorevoli protagonisti hanno poi dovuto ammettere la grave sottovalutazione del fenomeno.
Difendiamo totalmente la linea editoriale de l’Attacco, che Rossi ha in maniera scomposta e fallace definito “un giornale finanziato da un imprenditore attiguo al mondo criminale che sta giocando una partita attraverso insulti vari e un’attività di dissuasione rispetto ai principi antimafia”.
La pericolosità de l’Attacco dal punto di vista culturale, ovvero luogo in cui “parte della società dica che la mafia non esiste”, semplicemente non esiste. La bufala negazionista è arrivata fino ai vertici della DDA con nostro sommo stupore, quando sarebbe bastato informarsi per capire che nulla ci appartiene di questa finta narrazione attribuita a l’Attacco.
Quello che piuttosto il giornale sta facendo, da diversi anni, è analizzare il fenomeno degli scioglimenti dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose e delle interdittive antimafia cogliendone anche tutti i connessi dubbi, perplessità e limiti della normativa attuale.
Dopo sei casi di Comuni colpiti e centinaia di imprese interdette, dopo aver osservato l’operato di svariate commissioni straordinarie e il ritorno alla gestione ordinaria, non è solo necessario bensì doveroso. Non può esser censurato in alcun modo il dibattito sulla necessità di riformare leggi che, così come sono, si rivelano inefficaci rispetto all’auspicato obiettivo di bonifica di amministrazioni pubbliche e imprese dal rischio di condizionamenti malavitosi. Anche personalità di primissimo piano, a partire dal presidente della Regione Michele Emiliano, si sono dette favorevoli ad una revisione della normativa antimafia.
L’obiettivo di ciascuno, compreso questo giornale che fa coraggiosamente da sempre battaglie contro le mafie di ogni tipo (comprese quelle dei colletti bianchi) - con numerose, spiacevoli ripercussioni tra insulti, querele temerarie e minacce - è che le leggi siano efficaci, non che si agisca al limite dell’incostituzionalità e dello Stato di diritto senza peraltro riuscire nell’intento prefissato.
Per queste ragioni non consentiamo che si possa dileggiare pubblicamente una testata giornalistica considerandola impropriamente contigua o attribuendola una pesante e infamante etichetta.
Il quotidiano l’Attacco ha un merito: quello di aver aperto una breccia in un panorama complesso nel quale le dinamiche mafiose non sono solo quelle che appaiono in superficie.
Siamo certi che i nostri valori e i nostri principi, e dunque la linea editoriale del giornale, contribuiscano quotidianamente nel processo di crescita culturale e di consapevolezza pur nella loro insindacabilità di giudizio.
Il teorema costruito sul quotidiano l’Attacco rappresenta un’accusa da respingere con forza e autorevolezza da parte di chi da anni denuncia il “sistema” e le collusioni mafiose.
Invitiamo il procuratore Rossi, al quale l’intera redazione conferma la propria stima professionale, ad intensificare le forme di collaborazione che noi auspichiamo, evitando che quegli schizzi di fango gettati sull’impresa editoriale possano un domani ricadere su altri delegittimando il compito di noi operatori della carta stampata.
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